Le cose necessarie per mantenere libera l'immaginazione erano "tutte scritte nell'età della ragione". Era il momento di cogliere l'opportunità di usare l'immaginazione. Tutte le scommesse erano aperte: "Fuoco a volontà". Accanto al messaggio di Pulling Punches, in cui c'era solo il più debole accenno di conforto, il messaggio di The Ink in the Well sembrava essere che in Picasso, Cocteau e Sartre fosse stata trovata una sorta di casa che, se non rispondeva alle domande, apriva la mente per dare la possibilità di trovare le risposte. I riferimenti a Sartre e Cocteau erano obliqui e nascosti nella frase "Il sangue di un poeta, l'inchiostro del pozzo, è tutto scritto in questa epoca di ragione”.
Camminerò in cerchio
mentre dubito del terreno sotto di me
cercando di mostrare una fede indiscutibile in tutto.
David Sylvian
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Certi musicisti come Miles Davis, Bowie e per affetto personale Sylvian non mi bastano in un sol boccone… Devo almeno cucinare due portate e solitamente una dedicata a canzoni conosciute (qui la puntata dedicata alle canzoni di Sylvian) e l’altra ai brani più sperimentali, strumentali e di ricerca sonora, com’è appunto per il caso di Sylvian qui. Musicisti raffinati, come Sakamoto, Fripp, Hassell, Nelson e Czukay sono rimasti ammaliati dal pop etereo di Sylvian e jazzisti del calibro di Kenny Wheeler, Mark Isham e John Taylor non hanno esitato a collaborare con l’artista inglese, solo per citare qualche nome alla rinfusa. Dal pop si è presto andati oltre cercando altre strade e ne sono usciti dischi particolari di musiche sperimentali e strumentali di particolare interesse.
Sylvian è uscito dai radar dello showbiz da decenni, ritirandosi sempre più dalla musica per intraprendere la strada di fotografo, passione per le immagini che lo ha sempre caratterizzato. Ne sono nate mostre, spesso accompagnate da sonorizzazioni da lui composte o soundtrack per produzioni video. I malanni alla schiena tengono ormai lontano dai palchi Sylvian e di lui arrivano notizie frammentarie, come per sfuggire ad un mondo che ormai ha fatto delle urla la sua colonna sonora. Urla di dolore di soldati feriti al fronte, di donne e bambini sepolti sotto alle macerie o oggetto di macelleria da parte di feroci assassini, urla, urla e ancora urla a cui siamo esposti appena decidiamo di percorrere le strade tortuse del web. Urla e orrore.
Urla e orrore da cui si è ritirato fin dalla fine degli anni 80, quando la popolarità con i Japan stava per travolgerlo, diventando sempre più evanescente e refrattario ad esibirsi in pubblico anno dopo anno, sfuggendo ai riflettori, facendo musiche sempre più lunari ed elitarie, abbandonando il pop per dissonanze jazzistiche, ritmi dispari, improvvisazioni per poi scomparire definitivamente. Manca il suo sguardo sonoro, come un’introspezione assente, una sedia lasciata vuota a cena, un letto su cui non dorme nessuno da tempo.
Quali sono le coordinate filosofiche di queste musiche? Sono di introspezione esistenzialista, di contemplazione, meditazione, dissonanza, spingendoci verso un ossimoro (o forse no dopo Cage) sono di silenzio. Composizioni lontane da un consumo distratto, rapido e feroce, anzi in questo contesto diventano fastidiose, noiose, ripetitive, respingenti. L’ascolto di queste musiche (e di quelle di molti altri autori) chiede dedizione, preparazione, attenzione. Tutt’altro rispetto alle urla di suoni sfonda timpani o di parole allusive se non volgari: qui siamo all’opposto nel vuoto di fabbriche abbandonate, come nella favolosa “Steel Cathedral” dove Sakamoto, Fripp, Wheeler, Czukay, Tsuchiya e Jansen si trovano ad improvvisare per 19 minuti un brano che dopo 38 anni conserva tutta la sua spontanea bellezza.
Tra le urla da cui siamo travolti si perde il senso, l’ascolto del proprio limite, la pausa, il piacere dell’altro o la pazienza di lasciarlo andare senza replicare, si perde uno sguardo interiore, una pausa, un equilibrio. Forse David Sylvian con queste composizioni può riportarci in spazi mentali dove coltivare questi sapori? CLICCATE QUI per regalarvi un’ora e mezza di bellezza, bellezza che chiede dedizione.
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David Sylvian: ambient, experimental
The things that were needed to keep the imagination free were “all written down in this age of reason.” It was time to take the opportunity to use this imagination. All bets were off, “Fire at will.” Standing next to the message in Pulling Punches, where there was only the faintest hint of solace, the message in The Ink in the Well seemed to be that in Picasso, Cocteau, and Sartre, a home of sorts had been found that went some way to — if not answering the questions —opening the mind to give the insight possible to find the answers. The references to Sartre and Cocteau were oblique and hidden in the phrase “The blood of a poet, the ink in the well, it’s all written down in this age of reason.
I'll go walking in circles
While doubting the very ground beneath me
Trying to show unquestioning faith in everything
David Sylvian
Certain musicians such as Miles Davis, Bowie and out of personal affection Sylvian are not enough for me in one bite... I have to at least cook two courses and usually one dedicated to well-known songs (here is the installment with Sylvian songs) and the other to more experimental, instrumental and sonic research pieces, as is precisely the case with Sylvian today. Fine musicians such as Sakamoto, Fripp, Hassell, Nelson, and Czukay have been captivated by Sylvian's ethereal pop, and jazz musicians of the caliber of Kenny Wheeler, Mark Isham, and John Taylor have not hesitated to collaborate with the British artist, just to name a few in bulk. From pop they soon went further by looking for other avenues and came out with special records of experimental, improvised and instrumental music of particular interest.
Sylvian has been off the showbiz radar for decades, increasingly withdrawing from music to take up photography, a passion for images that has always characterized him. Exhibitions have resulted, often accompanied by soundtracks he composed or soundtracks for video productions. Back ailments now keep Sylvian away from stages, and fragmentary news of him comes, as if to escape a world that has now made screams its soundtrack. Screams of pain of wounded soldiers at the front, of women and children buried under rubble or the object of butchery by vicious murderers, screams, screams, and more screams that we are exposed to as soon as we decide to travel the tortured streets of the Web. Screams and horror.
Screams and horror from which he retreated since the late 1980s, when popularity with Japan was about to overwhelm him, becoming more and more evanescent and refractory to performing in public year after year, escaping the spotlight, making increasingly moody and elitist music, abandoning pop for jazz dissonances, odd rhythms, improvisations and then disappearing for good. His sonic gaze is missing, like an absent introspection, a chair left empty at dinner, a bed on which no one has slept in a long time.
What are the philosophical coordinates of these musics? They are of existentialist introspection, contemplation, meditation, dissonance, pushing us toward an oxymoron (or maybe not after Cage) they are of silence. Compositions far from distracted, rapid and ferocious consumption, indeed in this context they become annoying, boring, repetitive, repelling. Listening to these musics (and those of many other composers) demands dedication, preparation, attention. Quite different from the screams of eardrum-busting sounds or allusive if not vulgar words: here we are at the opposite end of the spectrum in the emptiness of abandoned factories, as in the fabulous "Steel Cathedral" where Sakamoto, Fripp, Wheeler, Czukay, Tsuchiya and Jansen find themselves improvising for 19 minutes a piece that after 38 years retains all its spontaneous beauty.
Between the screams by which we are overwhelmed we lose sense, listening to our own limit, pause, enjoyment of the other or the patience to let it go without replication, we lose an inner look, a pause, a balance. Perhaps David Sylvian with these compositions can take us back to mental spaces where we can cultivate these flavors? CLICK HERE to treat yourself to an hour and a half of beauty, beauty that asks for dedication.
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Stasera, mentre invento cosa cucinare, rispolvero qualche ricordo ambient o di silenzio di Sylvian; e i ricordi si manifesteranno.