Andrò a camminare in cerchi, mentre dubito del terreno stesso sotto di me, cercando di mostrare una fede incrollabile in tutto.
Scrivere 'Ghosts' è stato un punto di svolta per me. Tanto di ciò che abbiamo creato con i Japan era basato sull'artificio. Con quella canzone ho sentito di aver avuto la svolta che cercavo. Avevo toccato qualcosa di vero per me stesso e l'avevo espresso in un modo che non mi faceva sentire eccessivamente vulnerabile. Negli anni a venire dimenticherò tutte le nozioni di vulnerabilità, aprendo il materiale a una maggiore intensità emotiva. Sapevo che dovevo trovare la mia voce, sia in senso figurato che letterale.
David Sylvian
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Ancora una volta vi risparmio l’esegesi del musicista di cui parliamo oggi. Trovate tutto in rete e meglio documentato rispetto a quanto potrebbe dirvi il sottoscritto. Con un colpo di mano ho relegato Mr Pian Piano alla scelta dei brani per l’aperitivo e vi parlerò in solitudine di me e David Sylvian che è un pezzo della mia vita. Ho avuto un’adolescenza difficile e Sylvian, prima di una brillantissima carriera come solista aveva una band i JAPAN, che ha confezionato almento due dischi molto belli, (Gentlemen take Polaroids e Tin drum) ma ne riparleremo. Tra i mille e mille conflitti con i miei genitori ricordo che un giorno gli amici mi regalarono appunto un disco dei Japan per il mio compleanno e piansi per l’emozione: quel giorno nessuno mi aveva fatto gli auguri. Quando Sylvian inizia la sua carriera solista, sciogliendo i Japan all’apice del successo (!), mi sono innamorato per la prima volta. Esplorando un corpo diverso dal mio, sentendolo come essenziale, sperimentando un desiderio di comunione prima sconosciuto. La canzone di allora era questa. Sono passati 36 anni ed è ancora intatta nella sua bellezza, con la tromba di Jon Hassel a riempirla di fascino e intensità.
Gli amori finiscono, le relazioni si incrinano, le parabole esistenziali divergono. Compravo i dischi di Sylvian così come si compra il pane: per mangiarli e sfamarmi di emozioni. Risalivo la corrente come un salmone, comprando i lavori di tutti i nomi che leggevo in copertina tra i collaboratori delle sue registrazioni: Jon Hassel, John Taylor (il pianista), Bill Nelson, Danny Thompson, Robert Fripp, Kenny Wheeler, Holger Czukay, Sakamoto e tanti altri, finché non finivo i soldi. Con Sakamoto Sylvian intrattiene un’amicizia elettiva, risalente ai tempi dei Japan e che arriva fino ai giorni nostri, nata quando Sakamoto non parlava l’inglese e costruita sulla musica, gli sguardi e la stima reciproca: affinità elettive. Quando quell’amore di cui vi parlavo finì ecco il secondo disco da solista del nostro. Questo era il singolo, lo ascoltavamo insieme, ma eravamo agli sgoccioli. Duettano alla chitarra acustica Bill Nelson e all’elettrica Robert Fripp: amazing.
Sono stati anni difficili, almeno una manciata nella seconda metà degli anni 80. Molte cose accadono quando si è giovani, il vento cambia spesso, i paesaggi cambiano, le città, quella che appare come una disperazione irreparabile sfuma, si stempera, si scioglie. Si ritrovano sorrisi e la stessa atmosfera nei dischi di Sylvian cambia. Sakamoto al piano riporta a toni meno drammatici, la malinconia si fa dolce. Una possibilità si apre all’orizzonte, anzi più d’una. Esce uno dei suoi dischi più importanti, con un vago sapore alla Nick Drake (lo ritroverete qui Nick prima o poi). Secrets of the Beehive è accompagnato dalla stupenda copertina di quel Vaughan Oliver che ci ha lasciato da poco. Scoprite chi era e troverete un tesoro di immagini oniriche.
Gli anni passano, le esistenze si fanno più riflessive, la poesia si approfondisce, si cercano passi congruenti, tratti comuni, sguardi che dalla passione vadano oltre: condivisioni. Altre dolcezze, fiducia, allenze dei sensi e dello spirito. Sylvian elabora influenze indiane, filosofiche e musicali, approfondisce la meditazione, scava in se stesso, cerca una Via. Per semplice coincidenza facevo lo stesso allora e così è stato per dieci anni, fino a quando è nata mia figlia.
Gli ultimi anni di Sylvian fino ai giorni nostri sono aspri, fatti di suoni e rumori, di blues stralunati, collaborazioni, sprazzi di poesia intensa e purtroppo costellati da problemi di salute che lo hanno portato a cancellare concerti ed a rendere le uscite discografiche sempre più rarefatte. Si invecchia, si getta uno sguardo sulla morte, ma l’artista non si inaridisce, ma elabora, amplia lo sguardo, racconta il tempo, lo scorrere dell’acqua tra le mani, acqua che non si lascia mai afferrare.
Mr Pian Piano ha deciso di occuparsi delle canzoni del nostro musicista, sì perché Sylvian non ha inciso solo canzoni, ma molti dischi completamente strumentali, elettronici, ambient, per installazioni artistiche. Magari ci torneremo, perché alcuni sono ovviamente molto belli, come Plight and Premonition firmato insieme ad Holger Czukay dei mitici CAN. Parlare di lui significa per me alludere alla poesia, perché la poesia non si indica mai: sfugge. È un artista con il dono di essere poetico senza retorica. Merce rara nel bazaar musicale, fatto di stelle e stelline usa e getta da consumare come una saponetta. Per farvi capire cosa intendo chiudiamo questo aperitivo riflessivo con Sakamoto. I nostri due eroi si ritrovano recentemente, dopo anni e anni condivisi, l’uno nei dischi dell’altro e firmando anche successi, come la famosa “Forbidden Colours”. Sakamoto lo chiama a recitare un testo, una poesia di Arseny Tarkovsky, padre del famoso regista Andrej. Anche la musica del pianista Giapponese si è fatta lunare, dissonante, solcata da rumori, anche lui ha conosciuto la malattia, la giovinezza è lontana, ma non è disperazione la sua, ma appunto una malinconia dolcissima, una riflessione esistenziale. Meraviglia per la vita che insaziabile si reitera nella poesia:
Life, Life
E lo sognavo, e lo sogno
e lo sognerò ancora
una volta o l’altra
e tutto si ripeterà
e tutto si reincarnerà
sognerete tutto ciò che mi apparve in sogno.
Là, in disparte da noi
in disparte dal mondo un’onda dietro l’altra si frange sulla riva
su ogni onda una stella, e l’uomo, e l’uccello
e il reale, e i sogni, e la morte: un’onda dietro l’altra.
Non mi occorrono le date: io ero, e sono e sarò.
La vita è la meraviglia delle meraviglie
e sulle ginocchia della meraviglia
solo, come orfano pongo me stesso solo
fra gli specchi, nella rete dei riflessi
di mari e città risplendenti tra il fumo.
E la madre in lacrime si pone il bimbo sulle ginocchia
Abbiamo abusato della vostra pazienza, accennato poche bazzecole sul musicista e la sua storia, siamo stati pessimi, partigiani, sguaiati nel raccontare il superfluo e il privato. Mr Pian Piano annuisce soddisfatto, dice che così va bene . Al solito troverete pane per i vostri denti andando ben oltre questo aperitivo, con una corposa playlist, che ripercorre la carriera di David Sylvian.
Desiderate qualcosa di diverso dalle ricerche di David Sylvian? Il jukebox di Mr Pian Piano con tutti i musicisti e le musiciste del nostro intrigante menù è come ogni domenica a vostra completa disposizione: classica, jazz, pop, rock e ambient sono lì ad aspettarvi. Se volete scoprire in dono altre monografie curate da Mr Pian Piano di decine e decine e decine (e decine) di superbi musicisti vi basta accomodarvi qui:
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David Sylvian: pop, other.
I'll go walking in circles, while doubting the very ground beneath me
trying to show unquestioning faith in everything.
Writing 'Ghosts' was a turning point for me. So much of what we created with Japan was built upon artifice. With that song I'd felt I'd had the breakthrough I was looking for. I'd touched upon something true to myself and expressed it in a way that didn't leave me feeling overly vulnerable. In the coming years I'd forget about all notions of vulnerability, opening up the material to a greater emotional intensity. I knew that I had to find my own voice, both figuratively and literally.
David Sylvian
Once again, I spare you the musician's exegesis we're discussing today. You can find everything online, better documented than I could tell you. With a sleight of hand, I've left Mr. Pian Piano in charge of choosing the songs for the aperitif, and I will talk to you alone about myself and David Sylvian, who is a part of my life. I had a difficult adolescence, and Sylvian, before his brilliant solo career, had a band, Japan, which produced at least two very beautiful albums (Gentlemen take Polaroids and Tin Drum), but we'll talk about them later. Among the countless conflicts with my parents, I remember that one day my friends gave me a Japan record for my birthday, and I cried with emotion: that day, no one had wished me happy birthday. When Sylvian started his solo career, disbanding Japan at the height of their success (!), I fell in love for the first time. Exploring a body different from mine, feeling it as essential, experiencing a desire for communion previously unknown. The song at the time was this one. Thirty-six years have passed, and it is still intact in its beauty, with Jon Hassell's trumpet filling it with charm and intensity.
Loves end, relationships crack, existential parables diverge. I bought Sylvian's records as one buys bread: to eat them and feed on emotions. I swam upstream like a salmon, buying the works of all the names I read on the covers among the collaborators in his recordings: Jon Hassell, John Taylor (the pianist), Bill Nelson, Danny Thompson, Robert Fripp, Kenny Wheeler, Holger Czukay, Sakamoto, and many others, until I ran out of money. With Sakamoto, Sylvian maintains an elective friendship, dating back to the Japan days and extending to the present day, born when Sakamoto didn't speak English and built on music, glances, and mutual respect: elective affinities. When that love I was talking about ended, here is the second solo album of our man. This was the single; we listened to it together, but we were on the brink. Bill Nelson and Robert Fripp duet on acoustic and electric guitar, respectively: amazing.
They were difficult years, at least a handful in the second half of the 1980s. Many things happen when you are young; the wind changes often, landscapes change, cities, what appears as irreparable despair fades, dissolves. Smiles are found again, and the atmosphere in Sylvian's records changes. Sakamoto on the piano brings back less dramatic tones; melancholy becomes sweet. A possibility opens on the horizon, or rather more than one. One of his most important records comes out, with a vague taste of Nick Drake (you'll find him here sooner or later). Secrets of the Beehive is accompanied by the stunning cover of Vaughan Oliver, who left us not long ago. Discover who he was, and you'll find a treasure of dreamlike images.
Years go by, lives become more reflective, poetry deepens, common steps are sought, common traits, glances that go beyond passion: sharing. Other sweetnesses, trust, alliances of senses and spirit. Sylvian elaborates Indian, philosophical, and musical influences, deepens meditation, digs into himself, seeks a Way. By sheer coincidence, I was doing the same back then, and so it was for ten years, until my daughter was born.
Sylvian's last years up to the present are harsh, made of sounds and noises, offbeat blues, collaborations, glimpses of intense poetry, and unfortunately, they are marked by health problems that led him to cancel concerts and make record releases increasingly sparse. One ages, one looks at death, but the artist does not wither; he processes, broadens his gaze, tells time, the flow of water slipping through his hands, water that never lets itself be grasped.
Mr. Pian Piano has decided to take care of our musician's songs, yes, because Sylvian has not only recorded songs but also many completely instrumental, electronic, ambient albums, for artistic installations. Maybe we'll come back to that because some are obviously very beautiful, like Plight and Premonition signed together with Holger Czukay of the legendary CAN. Speaking of him means alluding to poetry for me because poetry is never pointed out; it escapes. He is an artist with the gift of being poetic without rhetoric. A rare commodity in the musical bazaar, made up of stars and disposable little stars to be consumed like a bar of soap. To make you understand what I mean, let's close this reflective aperitif with Sakamoto. Our two heroes recently reunited after shared years and years, one in the other's records and also signing hits, like the famous "Forbidden Colours." Sakamoto calls him to recite a text, a poem by Arseny Tarkovsky, the father of the famous director Andrei. Even the music of the Japanese pianist has become lunar, dissonant, crossed by noises; he too has known illness, youth is far away, but his is not despair, but precisely a sweet melancholy, an existential reflection. Wonder for life that insatiable repeats itself in poetry:
Life, Life
E lo sognavo, e lo sogno
e lo sognerò ancora
una volta o l’altra
e tutto si ripeterà
e tutto si reincarnerà
sognerete tutto ciò che mi apparve in sogno.
Là, in disparte da noi
in disparte dal mondo un’onda dietro l’altra si frange sulla riva
su ogni onda una stella, e l’uomo, e l’uccello
e il reale, e i sogni, e la morte: un’onda dietro l’altra.
Non mi occorrono le date: io ero, e sono e sarò.
La vita è la meraviglia delle meraviglie
e sulle ginocchia della meraviglia
solo, come orfano pongo me stesso solo
fra gli specchi, nella rete dei riflessi
di mari e città risplendenti tra il fumo.
E la madre in lacrime si pone il bimbo sulle ginocchia
We have abused your patience, hinted at a few trivialities about the musician and his story, we were bad, partisan, blunt in telling the superfluous and the private. Mr. Pian Piano nods satisfied, says that's fine. CLICK HERE as usual, you will find bread for your teeth well beyond this aperitif, with a substantial playlist that traces David Sylvian's career.
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Anche nella mia vita è stata importante la musica di Sylvian e Sakamoto, anche io ho comprato i CD (Virginia Astley, Dolphin brothers, ecc) i libri che ispiravano le canzoni (Colori proibiti, Il libro del riso e dell’oblio) così si allargava la mia conoscenza e saziavo la fame. Poi si invecchia e restano i sapori: gli ultimi lavori non mi trasmettono nulla a parte Life Life. Altro compagno di viaggio nella mia vita, di sicuro più importante di Sylvian, è Battiato, che continua ad essere un punto fermo. Complimenti per come e per quello che hai scritto. Adesso vado a leggere la seconda parte.