Mi sembra che la maggior parte delle persone sia impressionata solo da tre cose: quanto veloce riesci a suonare, quanto alto riesci a suonare e quanto forte riesci a suonare.
Sicuramente sono un romantico, non credo che la vita valga davvero tutto il dolore, lo sforzo e la lotta se non hai qualcuno che ami molto.
Chet Baker
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Tutto inizia quando Chet Baker compie tredici anni e suo padre torna a casa con un trombone impossibile da suonare: troppo grande per il piccolo Chet e l’ingombrante strumento verrà presto rimpiazzato da una più maneggevole tromba.
A Glendale, California, Chet suona nella banda della scuola, ma al termine delle lezioni vola alla locale pista da bowling. Non è ancora arrivata l’epoca delle macchine automatiche che abbiamo ammirato nell’indimenticabile “Il Grande Lebowsky” e i birilli, dopo ogni tiro, devono essere recuperati e allineati. Chet è velocissimo in questa operazione e a fine serata si ritrova in tasca un bella sommetta in mance. Si arruola nel 1946 e viene spedito a Berlino con la 298ª Armata, dove spende gran parte del tempo a esercitarsi con la banda del reggimento. La vita in uniforme arriva fino agli inizi degli anni Cinquanta, quando viene dichiarato inadatto alla vita militare. Qui inizia il bello.
Nel ’52 è a Los Angeles e partecipa a un’audizione di Charlie Parker e così Chet a soli 22 anni si ritrova in tour con Bird e con tutti i suoi vizi. Poco dopo si unisce al quartetto di Jerry Mulligan e Chet insieme a Mulligan è il padre di quel "West Coast sound" che ha fatto la storia del cool jazz. Poco dopo forma un suo quartetto, conquistando l’attenzione di critica e appassionati, ma dopo lo scioglimento del gruppo, nel ’55, cominciano i guai con la droga e con la giustizia, Chet finirà spesso in galera in questi anni, eppure continua a raccogliere successi, finché decide di venire in Europa dove si sente apprezzato come musicista. Nel 1966, in circostanze poco chiare, una rissa, la dipendenza dall’eroina, si ritrova a perdere gli incisivi ormai completamente ammalorati, denti essenziali per suonare la tromba da cui resta lontano per un paio d’anni arrivando a fare mestieri lontani dai palcoscenici, come il benzinaio. Sarà Dizzy Gillespie a dargli una mano e ad incoraggiarlo a tornare in pista, quando tutto sembrava perduto. Nel 1975 si trasferirsce in Italia, dove è sempre stato molto amato e vive un’ultima decade di gloriose registrazioni e performances dal vivo che testimoniano il grande cuore con cui suonava la tromba. Arriviamo purtroppo al 13 maggio 1988 ad Amsterdam. Chet Baker viene trovato morto sul ciglio di una strada. Il rapporto della polizia parla di "presunto" suicidio: si sarebbe gettato nel vuoto dalla finestra del suo hotel. Chet Baker avrebbe potuto dare ancora molto alla storia del jazz: aveva solo cinquantotto anni.
Chet Baker, come dice di lui stesso, è stato un romantico ed andando oltre la biografia, trascurando la sua storia con l’eroina che l’ha divorato pezzo per pezzo, come purtroppo accaduto a molti grandi jazzisti della sua generazione, ne esce un uomo attraversato da un enorme struggimento. Il miracolo dell’artista sta appunto nel saper far precipitare in scritti, immagini e suoni quel che gli attraversa l’animo e nel caso di Chet Baker struggimento e dolcezza si abbracciano insieme in una malinconia infinita e a suo modo universale, perché chiunque ascolti Chet Baker ne resta avvolto come in una nebbia affascinante, degna a suo modo dei versi di Leopardi “E il naufragar m’è dolce in questo mare”. La stessa vertigine che così bene è descritta dal poeta di Recanati la riviviamo abbandonandoci alle composizioni e alle interpretazioni del grande trombettista. La droga, la vita raminga e sconsolata non sono niente alla fin fine nella storia di Chet Baker. Conta solo e soprattutto il suo romantico struggimento e la magia di saperlo sublimare in musica.
Dalle canzoni con quella sua voce sussurata e fragile e proprio per questo ottima e perfetta per vestire atmosfere pop-jazz di rara raffinatezza, fino alle registrazioni indimenticabili con Stan Getz e Gerry Mulligan, Chet Baker sa muoversi su diversi registri artistici, ma appunto sempre da romantico. Individualista, sconfitto ma eroicamente “controvento” ed a suo modo fedele a se stesso fino all’ultimo. Poetico sempre e comunque, al punto da attirare costantemente l’attenzione dei più grandi jazzisti del mondo, di artisti e dei migliori fotografi sul pianeta. Chet Baker ripreso in migliaia di immagini, molte appunto per mano di grandissimi fotografi e quindi molto belle, ma era anzitutto lui, anche quando distrutto da ogni possibile ed immaginabile dipendenza, ad essere puntualmente fotogenico anche se l’uomo bellissimo degli esordi era ridotto dopo i 50 anni ad un ombra scavata con gli occhi ridotti a sottili fessure. Perché? Perché Chet Baker era così espressivo ed a suo modo un soggetto ideale per qualsiasi scatto, anche quando dormiva? Credo che la risposta stia nel suo mostrare impudicamente quello struggimento, quel suo essere nei fatti un eroe romantico, un “Viandante sul mare di nebbia” tra Los Angeles e l’Europa.
Per chiudere una parentesi su Chet e l’Italia un suo grande amore fino alla fine, un paese di cui si è indubbiamente innamorato e dove ha collaborato con grandi musicisti come il pianista Enrico Pierannunzi, solo per citarne uno tra i tanti. Resta a noi il gusto di annegare tra le sue note, ipnotizzati dalla sua fragile, ma al contempo dolcissima voce per dimenticare tutto e godere della sua musica guardando negli occhi una persona amata, un’amica, quel che accade fuori dalla finestra. Chet Baker è un eroe romantico del nostro tempo: CLICCATE QUI per godere di una mappa personale tra le infinite registrazioni del trombettista americano e lasciatevi andare alla bellezza eterna di Chet.
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Chet Baker: jazz.
It seems to me that most people are impressed with just three things: how fast you can play, how high you can play, and how loud you can play.
I'm definitely a romantic, I don't think life is really worth all the pain and effort and struggling if you don't have somebody that you love very much.
Chet Baker
It all begins when Chet Baker turns thirteen and his father comes home with an impossible-to-play trombone: too big for young Chet, and soon replaced by a more manageable trumpet. In Glendale, California, Chet plays in the school band, but after classes, he heads to the local bowling alley. It's not yet the era of the automatic pin setters we admired in the unforgettable "The Big Lebowski," so after each roll, the pins must be retrieved and reset. Chet is lightning-fast at this task and pockets a nice sum in tips by the end of the night. He enlists in 1946 and is sent to Berlin with the 298th Army, where he spends much of his time practicing with the regimental band. His military life lasts until the early 1950s when he is deemed unfit for service. Here begins the interesting part.
In '52, he's in Los Angeles and auditions for Charlie Parker, landing a tour with Bird and all his vices at just 22 years old. Shortly after, he joins Jerry Mulligan's quartet, and together with Mulligan, he fathers the "West Coast sound" that made history in cool jazz. Soon after, he forms his own quartet, gaining the attention of critics and enthusiasts. However, after the group disbands in '55, troubles with drugs and the law begin. Chet often finds himself behind bars during these years, yet he continues to achieve success. Eventually, he decides to come to Europe, where he feels appreciated as a musician. In 1966, under unclear circumstances involving a brawl and heroin addiction, he loses his front teeth, essential for playing the trumpet, and stays away from the instrument for a couple of years, taking odd jobs far from the stage, like pumping gas. Dizzy Gillespie lends a hand and encourages him to return to the scene when all seemed lost. In 1975, he moves to Italy, where he was always greatly loved, and enjoys a final decade of glorious recordings and live performances that testify to the great heart with which he played the trumpet. Unfortunately, we come to May 13, 1988, in Amsterdam. Chet Baker is found dead on the roadside. The police report speaks of a "presumed" suicide: he allegedly jumped from the window of his hotel. Chet Baker could have contributed much more to jazz history: he was only fifty-eight.
Chet Baker, as he describes himself, was a romantic. Looking beyond the biography, ignoring his story with heroin, which consumed him piece by piece, as unfortunately happened to many great jazz musicians of his generation, we see a man marked by immense yearning. The artist's miracle lies in being able to translate what crosses his soul into writings, images, and sounds, and in Chet Baker's case, yearning and sweetness embrace each other in an endless and somewhat universal melancholy because anyone who listens to Chet Baker remains enveloped in a fascinating fog, worthy in its own way of Leopardi's verses "And the shipwreck is sweet to me in this sea." The same vertigo described so well by the poet from Recanati is relived by surrendering to the compositions and interpretations of the great trumpeter. Drugs, a wandering and disconsolate life ultimately mean nothing in Chet Baker's story. What truly matters is his romantic yearning and the magic of being able to sublimate it into music.
From the songs with his whispered and fragile voice, perfect for dressing pop-jazz atmospheres of rare refinement, to the unforgettable recordings with Stan Getz and Gerry Mulligan, Chet Baker navigates through different artistic registers, always as a romantic. Individualistic, defeated but heroically "against the wind," and in his own way, true to himself until the end. Always poetic, to the point of constantly attracting the attention of the world's greatest jazz musicians, artists, and the best photographers on the planet. Chet Baker captured in thousands of images, many taken by great photographers and therefore very beautiful, but it was primarily him, even when destroyed by every possible and imaginable addiction, who was unfailingly photogenic, even though the beautiful man of his beginnings was reduced, after fifty years, to a hollow shadow with eyes reduced to thin slits. Why? Because Chet Baker was so expressive and in his own way an ideal subject for any shot, even when he slept? I believe the answer lies in his shamelessly displaying that yearning, his being in fact a romantic hero, a "Wanderer above the Sea of Fog" between Los Angeles and Europe.
To close a parenthesis on Chet and Italy, one of his great loves until the end, a country he undoubtedly fell in love with and where he collaborated with great musicians like pianist Enrico Pierannunzi, just to name one of many. We are left with the pleasure of drowning in his notes, hypnotized by his fragile yet incredibly sweet voice, to forget everything and enjoy his music while looking into the eyes of a loved one, a friend, or observing what happens outside the window. Chet Baker is a romantic hero of our time: CLICK HERE to enjoy a personal map through the endless recordings of the American trumpeter and let yourself be carried away by Chet's eternal beauty.
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hi enrico: thanks for your excellent look at the enigmatic chet baker. here's me channeling him, doing my take on his moody-sweet-tender, "you don't know what love is." my version has some tempo hallucinations but i don't care. that's my old band mate paul, on the keys. he says he does not like what he's dong on that recording, but i like it so i kept paul's alluring piano. thanks again your interesting work. j.
https://xxmusic.bandcamp.com/track/you-dont-know-what-love-is-2