Quando ero ragazzo a casa mia vi erano due cose impopolari: una ero io e l'altra era la mia chitarra.
Ehi ragazzo, credi che sia olio? Amico, quello non è olio è sangue.
Bruce Springsteen
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Facile cadere nei luoghi comuni parlando di Springsteen e assurdo parlarne in termini di critica musicale quando sono stati scritti libri su di lui e c’è chi ne ha analizzato la discografia ed i testi con precisione e dedizione. Ragion per cui vi offro una finestra totalmente soggettiva e opinabile di questa rockstar che arriverà in Italia tra non molto trascinando a sé folle di fedelissimi. C’è in lui qualcosa che non si trova mai nelle stelle del rock ed è uno sguardo misto di innocenza ed inadeguatezza che subito ti fa sentire quest’uomo vicino, prossimo, fatto della tua stessa carne. Poi c’è un altro aspetto in cui Springsteen è particolarmente forte ed è il binomio sincerità e semplicità. Così il suo essere americano, patriota che canta alle celebrazioni dell’ undici settembre, non suonano come tronfia retorica nazionalista, ma sono il manifestare un elemento identitario, il far parte di una storia molto contraddittoria, quella degli USA, ma che è democratica e da non confondere con regimi integralisti, mafiosi o dove l’ideologia riduce metropoli come Hong Kong a galere a cielo aperto.
Detto questo devo confessare candidamente che la stragrande maggioranza dei suoi brani mi è molto estranea, non l’ho mai ascoltata e non la ascolterò. Amo la musica che osa, sperimenta, apre nuove frontiere e non è certo il caso del musicista di oggi. Per non dire degli arrangiamenti con le batterie pesanti, le parole urlate, i saxofoni che battono melodie strasentite, le chitarre dal suono prevedibile, per una musica che è nella sostanza un rock molto standardizzato e a tratti retorico. Allora perché mai ne parlo, mi si potrebbe giustamente obiettare.
Perché c’è nello Sprigsteen con la chitarra acustica al collo e con pochi fronzoli, meglio se solo, qualcosa che mi attira e mi coinvolge. Per capirci lo Springsteen di Nebraska e The Ghost of Tom Joad è quello per me più autentico e interessante. L’uomo che canta la working class ed è capace di darti una lettura esistenziale di una stazione di servizio e di un benzinaio al lavoro, che sa far parlare i morti e raccontare vite semplici con la forza e l’empatia di un grande fotografo, non tanto dedito all’ideologia, ma appunto ad una filosofia esistenziale. Per farla breve amo lo Springsteen acustico, capace di prendere la vita e compattarla in un racconto asciutto ed efficace che ti lascia come in un dipinto di Hopper di fronte ad un paesaggio umano sospeso, ma autentico.
Questa rara capacità di farsi voce di chi solitamente è inascoltato e di costruire con la musica e con i testi delle fotografie molto potenti di uomini e donne, veri e propri ritratti, ha portato la sua musica verso il cinema. Se penso all’HIV che ha falcidiato la mia generazione, spedendone a migliaia al cimitero è impossibile non pensare a “Streets of Philadelphia” del Boss, parte della colonna sonora del bel film di Jonathan Demme. Canzone magnifica ed intatta dopo quasi quarant’anni e ancora una volta un’efficace istantanea che quasi ustiona per quanto sa essere diretta, trasformando con le parole il paesaggio e facendone uno stato d’animo, pura poesia.
Per me cresciuto amando la musica inglese e snobbando quella americana, cercando nella new wave prima e nell’elettronica poi idee nuove e spazi sonori diversi Springsteen era meritevole di rispetto e basta. Con il tempo mi sono fatto rapire dalle sue ballate, dalla malinconia con cui racconta lo scorrere delle cose e per come sa buttarsi dentro agli sguardi senza pregiudizi e anche per questo suo essere americano fino al midollo, con quelle chitarre country con cui addobba molte sue canzoni e le automobili con cui “mordere” le infinite strade d’America da una costa all’altra. Tra i suoi brani si sentono spazi aperti e disabitati, nevi, fiumi, terre aride, deserti e oceani. Springsteen credo sia uno degli ingredienti di grandi della generazione successiva e penso ad esempio a Mark Lanegan (quanto mi manca!) , certo con una poetica diversa, ma con la stessa bruciante e malinconica sincerità.
Dunque vi ho cucinato uno Springsteen di parte, acustico, intimo, romantico e malinconico, lontanissimo dall’epica di “Born to Run” o della parallela “Born in the U.S.A”. Un americano dallo sguardo profondo, poco incline all’artificio, ispiratosi al grande padre di molti musicisti USA, ovvero quel Woody Guthrie a cui il “Boss” ha sicuramente guardato con grande dedizione e rispetto. Con una chitarra al collo e un pezzo di carta stropicciata in tasca con su scritta qualche parola Springsteen sa cosa fare e personalmente amo questa parte del suo lavoro musicale. Per farvi comprendere meglio cosa intendo vi rimando ad un brano della scaletta, dove Bruce riarrangia dal vivo in chiave acustica la sua famosa hit “Tunnel of love”, scarnificandola, denudandola completamente in un quasi niente per voce ed organo elettrico. Il racconto di un amore travagliato diventa subito qualcosa di intensamente condiviso con chi ascolta e in una semplice parola diventa poesia, scabra e diretta. Per chi scrive decisamente meglio della versione originale. CLICCATE QUI per navigare un Bruce Springsteen intimo e acustico o approfittate del player che presto troverete anche in tutti gli articoli passati.
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Bruce Springsteen: rock.
When I was a boy, there were two unpopular things in my house: one was me, and the other was my guitar.
Hey kid, do you think that's oil? Man, that's not oil, it's blood.
Bruce Springsteen
It’s easy to fall into clichés when talking about Springsteen, and it's absurd to discuss him in terms of music criticism when books have been written about him and some have analyzed his discography and lyrics with precision and dedication. That's why I offer you a totally subjective and debatable perspective of this rock star who will soon be coming to Italy, drawing crowds of loyal fans. There is something in him that you never find in rock stars, and it’s a mixed look of innocence and inadequacy that immediately makes you feel this man is close, near, made of the same flesh as you. Then there is another aspect where Springsteen is particularly strong: the combination of sincerity and simplicity. Thus, his being American, a patriot who sings at September 11th celebrations, does not sound like bombastic nationalist rhetoric, but manifests an identity element, being part of a very contradictory history, that of the USA, which is democratic and should not be confused with fundamentalist, mafia regimes, or those where ideology reduces metropolises like Hong Kong to open-air prisons.
hat said, I must candidly confess that the vast majority of his songs are very foreign to me, I have never listened to them and I will not listen to them. I love music that dares, experiments, opens new frontiers, and that is certainly not the case with today’s musician. Not to mention the arrangements with heavy drums, shouted words, saxophones playing overused melodies, and predictable-sounding guitars, resulting in music that is essentially very standardized rock and at times rhetorical. So why do I talk about him, one might rightly ask.
Because there is something in Springsteen with an acoustic guitar around his neck and with few frills, better if alone, that attracts and involves me. To be clear, the Springsteen of "Nebraska" and "The Ghost of Tom Joad" is the most authentic and interesting to me. The man who sings the working class and is capable of giving an existential reading of a gas station and a working gas station attendant, who can make the dead speak and tell simple lives with the strength and empathy of a great photographer, not so much devoted to ideology but to an existential philosophy. In short, I love the acoustic Springsteen, capable of taking life and compacting it into a dry and effective narrative that leaves you as if in a Hopper painting in front of a suspended but authentic human landscape.
This rare ability to be the voice of those who are usually unheard and to construct with music and lyrics very powerful photographs of men and women, real portraits, has brought his music towards cinema. If I think of HIV that decimated my generation, sending thousands to the cemetery, it is impossible not to think of "Streets of Philadelphia" by the Boss, part of the soundtrack of Jonathan Demme’s beautiful film. A magnificent and intact song after almost forty years, once again an effective snapshot that almost burns for how direct it is, transforming the landscape with words and making it a state of mind, pure poetry.
For me, growing up loving English music and snubbing American music, seeking new ideas and different soundscapes first in new wave and then in electronics, Springsteen deserved respect and that was it. Over time, I let myself be captivated by his ballads, by the melancholy with which he tells the passage of things and by how he knows how to dive into looks without prejudice, and also for his being American to the core, with those country guitars with which he adorns many of his songs and the cars with which to "hit" the endless roads of America from one coast to the other. In his songs, you can hear open and uninhabited spaces, snow, rivers, arid lands, deserts, and oceans. I believe Springsteen is one of the ingredients for the greats of the next generation, and I think for example of Mark Lanegan (how much I miss him!), certainly with a different poetics, but with the same burning and melancholic sincerity.
So I have presented you with a biased Springsteen, acoustic, intimate, romantic, and melancholic, very far from the epic of "Born to Run" or the parallel "Born in the U.S.A." An American with a deep gaze, not inclined to artifice, inspired by the great father of many American musicians, that Woody Guthrie to whom the "Boss" has certainly looked with great dedication and respect. With a guitar around his neck and a crumpled piece of paper in his pocket with some words written on it, Springsteen knows what to do, and I personally love this part of his musical work. To make you better understand what I mean, I refer you to a track from the setlist, where Bruce rearranges his famous hit "Tunnel of Love" live in an acoustic version, stripping it down, completely denuding it into almost nothing for voice and electric organ. The story of a troubled love immediately becomes something intensely shared with the listener and in a single word becomes poetry, rough and direct. For the writer, definitely better than the original version. CLICK HERE to navigate an intimate and acoustic Bruce Springsteen or take advantage of the player that you will soon find in all past articles.
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il primo disco che ho acquistato di Springsteen è stato The River (in musicassetta) e mi accompagnato per parecchio tempo. ora ascolto i live acustici(ho alcuni bootleg) e mi lasciano sempre segni nell'animo ed è lo Springsteen che preferisco.
https://youtu.be/xBuZGiisGvs?si=4xkoESVuS2jWGWNQ