John Tejada: electronic.
I’ve always been drawn to music that has emotion and depth. Even when I make techno, I’m trying to find a certain mood — not just a beat to dance to, but something you can feel.
The unexpected happy accidents are a major factor in my creative process. I try to leave room for them
I know for me, the hardest thing to do when I'm trying to better myself in the studio is to stop myself, because there is a sort of threshold where one more sound makes everything seem like you need a lot more sounds; but if you had just stopped where you were going to before, it seems really complete.
John Tejada
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Il fascino dell’essenziale, di Piet Mondrian e del suo giallo, rosso, blu in una griglia perpendicolare di linee nere, il minimalismo nell’architettura e nell’arredamento che ha un illustre inizio con Wittgenstein, il grande filosofo, per la casa della sorella arredatore si ritrova qui in chiave elettronica nel lavoro di John Tejada e nella sua techno da meditazione. Li distingui subito i musicisti che inseguono una poetica e come ci si confrontano e la trasformano nel corso degli anni, ma mantenendo una relazione. Per Tejada una techno fatta di ricerca di texture minimali che si incastrano tra loro in un pulsare di suoni asciutto, micromelodico, mai compiaciuto e che come suggerisce anche una delle citazioni di apertura è alle perenne ricerca di una misura che non coincide con un’infinita addizione di suoni. Qui è chiaro l’appello di Adolf Loos: “L’ornamento è delitto”.
John Tejada è un produttore, compositore e DJ di musica elettronica, nato a Vienna il 21 aprile 1974 e trapiantato a Los Angeles dal 1982. Cresce in una famiglia in cui la musica non è solo passione, ma quotidianità e mestiere: la madre è cantante lirica, il padre direttore d’orchestra. In un ambiente così, l’educazione musicale è precoce e rigorosa: pianoforte a 4 anni, batteria a 8. Durante l’infanzia e l’adolescenza, Tejada assorbe influenze molto diverse: da un lato, la musica classica che si respira in casa; dall’altro, l’hip-hop e l’electro dei primi anni ’80 che lo travolgono mentre vive a Los Angeles. A 12 anni riceve il suo primo giradischi e inizia a fare il DJ alle feste scolastiche. Ma non gli basta riprodurre la musica: vuole crearla.
Intorno ai 15 anni inizia a produrre le sue prime tracce. Si costruisce uno studio rudimentale, fatto di campionatori, drum machine e loop station. È curioso, metodico, determinato. Già nel 1991, prima ancora di diplomarsi, produce per etichette hip-hop come Ruthless Records e partecipa a trasmissioni di college radio. Un incontro determinante arriva nello stesso anno: conosce Arian Leviste, con cui nasce un sodalizio artistico duraturo. Insieme esplorano acid house, ambient, Detroit techno. Pubblicano il primo singolo nel 1994 e iniziano una pratica settimanale di jam e composizione che continuerà per anni. Rifiutano un’offerta dal prestigioso California Institute of the Arts: preferiscono imparare facendo, senza compromessi accademici.
Lo stile di John Tejada si distingue fin da subito per la sua raffinatezza. La sua techno è minimalista ma mai fredda, stratificata ma mai caotica. Sa essere cerebrale senza perdere groove, emotiva senza cadere nel sentimentale. I suoi brani si muovono tra strutture precise e una musicalità profonda, frutto della sua formazione classica e della sua attenzione maniacale al dettaglio.
Dal 1994 pubblica musica su alcune delle etichette più rispettate della scena elettronica: Kompakt, Cocoon, Pokerflat, Plug Research, Playhouse, Defected. Il suo suono evolve ma resta coerente: un equilibrio tra analogico e digitale, tra suono da club e da ascolto. È capace di costruire paesaggi sonori immersivi quanto bombe da dancefloor. Nel 1996 fonda la sua etichetta, Palette Recordings. È un laboratorio personale, libero da vincoli di mercato, dove può esprimersi senza filtri. In oltre 25 anni, Palette diventa una piattaforma stabile per le sue produzioni e quelle dei suoi collaboratori, rimanendo fedele a un'estetica elegante, sobria, sempre focalizzata sulla qualità.
Oltre allo studio, Tejada è un instancabile performer. Dal 1997 gira il mondo con i suoi DJ set e live set hardware. Si esibisce nei club e nei festival più importanti: Berghain, Fabric, Rex Club, Output, Mutek, Sónar, Movement, Dekmantel, fino alla Walt Disney Concert Hall di Los Angeles. Porta sul palco non solo la selezione musicale, ma anche l’interazione con macchine e synth, costruendo ogni set come un’esperienza sonora unica e irripetibile.
È anche un remixatore di talento. Ha reinterpretato artisti come The Postal Service, Télépopmusic, Gui Boratto, Way Out West, Kevin Saunderson, Simian Mobile Disco e molti altri, portando sempre la sua impronta elegante e pulita.
John Tejada oggi è un punto di riferimento nella scena elettronica globale. Non cerca la notorietà a tutti i costi, non segue le mode. È uno di quegli artisti che preferiscono lasciare parlare la musica. Con un catalogo vastissimo, una coerenza artistica rara e una passione che non sembra affievolirsi, continua a esplorare le possibilità del suono con umiltà, intelligenza e gusto. CLICCATE QUI per scoprire una playlist dedicata a John Tejada, cucinata da Mr Pian Piano per voi e che evidenzia tutta l’abilità “costruttivista” di questo musicista.
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John Tejada: electronic.
I’ve always been drawn to music that has emotion and depth. Even when I make techno, I’m trying to find a certain mood — not just a beat to dance to, but something you can feel.
The unexpected happy accidents are a major factor in my creative process. I try to leave room for them
I know for me, the hardest thing to do when I'm trying to better myself in the studio is to stop myself, because there is a sort of threshold where one more sound makes everything seem like you need a lot more sounds; but if you had just stopped where you were going to before, it seems really complete.
John Tejada
Piet Mondrian’s fascination with the essential—his yellow, red, and blue confined in a perpendicular grid of black lines—the minimalism in architecture and interior design, which had an illustrious beginning with Wittgenstein, the great philosopher, for his sister’s house—finds an electronic counterpart in the work of John Tejada and his meditative techno. You can immediately recognize the musicians who pursue a poetic vision, how they engage with it and transform it over time while maintaining a relationship with it. For Tejada, it’s a techno built from a search for minimal textures that interlock in a dry, micro-melodic pulse—never self-indulgent—and which, as one of the opening quotes suggests, is in constant search of a balance that doesn’t rely on the endless accumulation of sounds. Here, Adolf Loos’ famous dictum rings clear: “Ornament is a crime.”
John Tejada is a producer, composer, and DJ of electronic music, born in Vienna on April 21, 1974, and transplanted to Los Angeles in 1982. He grew up in a family where music wasn’t just a passion but a daily profession: his mother was an opera singer, his father a conductor. In such an environment, musical education was early and rigorous: piano at age 4, drums at 8. During childhood and adolescence, Tejada absorbed a wide range of influences: on one side, the classical music at home; on the other, the early '80s hip-hop and electro flooding Los Angeles. At 12, he received his first turntable and began DJing at school parties. But playing music wasn’t enough—he wanted to create it.
Around the age of 15, he started producing his first tracks. He built a rudimentary studio made up of samplers, drum machines, and loop stations. Curious, methodical, and determined, by 1991—before even finishing school—he was already producing for hip-hop labels like Ruthless Records and participating in college radio shows. That same year, he met Arian Leviste, beginning a long-lasting artistic partnership. Together, they explored acid house, ambient, and Detroit techno. They released their first single in 1994 and began a weekly practice of jamming and composing that would continue for years. They turned down an offer from the prestigious California Institute of the Arts—preferring to learn by doing, free of academic compromise.
John Tejada’s style stood out early for its refinement. His techno is minimalist but never cold, layered but never chaotic. It manages to be cerebral without losing groove, emotional without being sentimental. His tracks move between precise structures and deep musicality—a result of his classical training and obsessive attention to detail.
Since 1994, he has released music on some of the most respected labels in the electronic scene: Kompakt, Cocoon, Pokerflat, Plug Research, Playhouse, Defected. His sound evolves but remains consistent—balancing analog and digital, club-oriented and listening experiences. He can craft immersive soundscapes as well as dancefloor bombs. In 1996, he founded his own label, Palette Recordings—a personal lab free from market constraints where he can express himself without filters. Over more than 25 years, Palette has become a stable platform for his productions and those of his collaborators, always faithful to an elegant, understated aesthetic focused on quality.
Beyond the studio, Tejada is a tireless performer. Since 1997, he’s toured the world with his DJ sets and hardware live sets. He has played at top clubs and festivals: Berghain, Fabric, Rex Club, Output, Mutek, Sónar, Movement, Dekmantel—even at the Walt Disney Concert Hall in Los Angeles. He brings not only music selection to the stage but also real-time interaction with machines and synths, crafting each performance as a unique and unrepeatable sonic experience.
He’s also a skilled remixer, having reinterpreted artists like The Postal Service, Télépopmusik, Gui Boratto, Way Out West, Kevin Saunderson, Simian Mobile Disco, and many more—always leaving his clean, elegant imprint.
Today, John Tejada is a point of reference in the global electronic scene. He doesn’t chase fame at all costs, nor follow trends. He’s one of those artists who let the music speak for itself. With a vast catalog, rare artistic consistency, and a passion that shows no sign of fading, he continues to explore the possibilities of sound with humility, intelligence, and taste.
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