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La musica, quest’arte che sfugge alla materia, veleggia sulle onde del suono ed è ovunque e da nessuna parte, appare e scompare subito, invisibile, sembra andar oltre la morte, la morte che strappa alla vista e condanna all’invisibile quel che prima si mostrava, ma la musica dov’è? C’è mai stata o è un’illusione? Dove muore la musica? Muore? La musica, come una pozione o una droga penetra il corpo, altera il battito cardiaco, ci accompagna in dimensioni altre, crea scenografie nella mente.
Dopo il disastro di sabato in Israele ed a Gaza ora, l’orrore incombente grava su tutti gli esseri umani ed è purtroppo crudelmente manifesto per migliaia e migliaia in Ucraina e Medio Oriente, la domanda per regalarvi anche oggi musica è: andar altrove, viaggiare o stare nel patimento? Distrarre dalla ferocia o restare lì?
Scelta difficile mentre altre vittime si aggiungono, macerie, corpi smembrati, ospedali bombardati, bambini uccisi e mutilati, giovani corpi innocenti accatastati e con sul viso ancora stampato un terrore infinito. Forse il silenzio sordo, l’angoscia sospesa sarebbe la soluzione migliore?
Ho optato per una raccolta di Requiem di autori lontani nel tempo tra loro, una Messa di suoni da celebrare in casa vostra, dove la voce umana risuona protagonista per ritrovare appunto in noi stessi quel dirsi umani che i recenti fatti hanno sbriciolato, disperso, calpestato, violato, cancellato., oltraggiato. Il Requiem non è serenità. La morte e il dolore sono tra queste note, la morte aspra, amarissima ed inevitabile la si sente in ogni nota. Però risuona anche il Sacro, l’umano appunto, almeno qui nella musica la ferocia si placa e le voci, cori di uomini e donne superstiti, cantano e il canto è innegabile bellezza, meraviglia, stupore, poesia.Una tregua sospesa abita ogni Requiem nel distacco dolorosissimo della morte e nella promessa di un altrove non circoscrivibile, non comprensibile, forse inesistente e la bellezza appunto, la magia della musica fa della morte bellezza, coro d’esseri umani all’unisono in un momento di tristezza. Bellezza e disperazione, pianto e meraviglia, luce e tenebra.
CLICCATE QUI per ascoltare una selezione di Requiem come sono stati intesi da compositori classici di diverse epoche, raccolti qui come preghiera per i morti, pausa dal buio in cui anneghiamo giorno dopo giorno. Fa eccezione nella scaletta con un paio di altri pezzi, Lux Aeterna di Gyorgy Ligeti a chiudere la selezione, canto dell’inafferrabile dimensione oltreumana opaca, velata, forse solo proiezione della mente umana e se esistente totalmente estranea a qualsiasi comprensione. La musica è uscita dal genio del compositore di origine ebraica Ligeti immerso nella violenza del XX secolo, il padre deportato morto nell'aprile 1945 nel campo di concentramento di Bergen-Belsen, il fratello minore Gábor morto nel marzo 1945 nel campo di concentramento di Mauthausen, mentre la madre sopravvisse al campo di concentramento di Auschwitz. Ligeti malgrado questo massacro vissuto drammaticamente sulla propria pelle scrive “Lux Aeterna”, alludendo al divino, all’oltreumano: non lo trovate un fatto misterioso e al contempo commovente? La musica ci interroga, interroga il nostro canto, interroga le voci, ogni singola voce d’uomo capace di una ferocia estranea anche alle bestie e capace al contempo di armonie che per bellezza scuotono e meravigliano.
Chi siamo mai?
Come si fa
Prima mi sono vergognata. Poi ero
incredula delusa. Come bocciata.
Tutta una specie ritornata indietro.
Alle bastonate. Maschi al comando ancora,
con i vecchi randelli trasformati in armate
missili carri armati corazzate,
tutta un’esibizione muscolare così evoluta –
e le teste invece rimaste indietro, alla predazione,
alla zampata feroce su qualcuno che trema.
Solo dopo è arrivata la pena. Solo dopo
sono entrata dentro un gonfio
di lacrime tenute. E il dolore
dei miei umani casi si è fuso insieme
al dolore per loro, i morti, gli scampati
i feriti lasciati lì in un fosso, i rifugiati.
E se adesso piango a volte – non so per chi
o per che cosa, tanto sono confusa.
Un dolore non grave però, il mio,
spesso sospeso,
un dolore che non mi toglie ancora
l’appetito e posso guardare
i notiziari, continuando a mangiare,
sopportare ancora lo stridore della pubblicità
col suo falso prometterci le cose.
Come si fa a provare
un dolore vero. Come si fa
da quel dolore sentir nascere
un atto vero di pace. Come si fa
ad esser solidali fino alla radice.
Allora forse troveremmo strade
impensabili ora. Accordi fra nemici
talmente inaspettati. Soluzioni di tregua
permanente, abbracci molto attesi,
terreni condivisi, confini più sfumati.
Allora la terra intera
sarebbe nostra alleata, tutti
i pesci sotto le corazzate, gli
uccelli disturbati
dai fumi e dai boati, i tronchi
le radici che stavano aspettando
la loro primavera. I gatti per le strade
i cani, i lombrichi, le api.
Tutto sarebbe alleato con noi
dentro la pace. Ce ne verrebbe
una gioia vera, una potenza
di creazione – proprio il contrario
di questa morte dei corpi e delle cose.
Sarebbe la più grande rivoluzione di specie:
risolvere i conflitti col nostro ragionare
intelligente – in compassione.
Risolverli parlando e tacendo
donne e uomini insieme,
con ricorrenti abbracci a ricordare
ciò che più vogliamo, il nostro fine supremo.
Stare nella pace. Abitare la terra
in un respiro grato. Noi, ultimi arrivati.
Mariangela Gualtieri
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AA.VV. : Requiem.
Music, this art that eludes matter, sails on the waves of sound and is everywhere and nowhere, appears and disappears at once, invisible, seems to go beyond death, the death that snatches from sight and condemns to the invisible what before showed itself, but where is music? Was it ever there or is it an illusion? Where does music die? Does it die? Music, like a potion or a drug penetrates the body, alters the heartbeat, accompanies us into other dimensions, creates scenery in the mind.
After Saturday's disaster in Israel and in Gaza now, the looming horror weighs on all human beings and is sadly cruelly manifest for thousands and thousands in Ukraine and the Middle East, the question to give you music again today is: to go elsewhere, to travel or to stay in the suffering? Distract from the savagery or stay there?Difficult choice as more victims are added, rubble, dismembered bodies, bombed hospitals, children killed and mutilated, young innocent bodies piled up and with endless terror still etched on their faces. Perhaps dull silence, suspended anguish would be the best solution?I have opted for a collection of Requiems by authors far away in time, a Mass of sounds to be celebrated in your home, where the human voice resonates protagonist to find precisely in ourselves that saying ourselves human that recent events have crumbled, dispersed, trampled on, violated, erased., outraged.
Requiem is not serenity. Death and pain are among these notes, bitter, bitter and inevitable death can be heard in every note. However, the Sacred also resounds, the human precisely, at least here in the music the ferocity subsides and the voices, choirs of surviving men and women, sing and the singing is undeniable beauty, wonder, awe, poetry. A suspended truce inhabits each Requiem in the very painful detachment of death and the promise of an uncircumscribed, unintelligible, perhaps nonexistent elsewhere, and beauty precisely, the magic of music makes death beauty, a chorus of human beings in unison in a moment of sadness. Beauty and despair, weeping and wonder, light and darkness.
CLICK HERE to hear a selection of Requiems as they were intended by classical composers from different eras, collected here as a prayer for the dead, a break from the darkness in which we drown day after day. An exception, with few other tracks, in the lineup is Gyorgy Ligeti's Lux Aeterna to close the selection, a song of the elusive beyond-human dimension opaque, veiled, perhaps only a projection of the human mind and if it exists totally foreign to any understanding. The music came out of the genius of the Jewish-born composer Ligeti immersed in the violence of the 20th century, his father deported who died in April 1945 in the Bergen-Belsen concentration camp, his younger brother Gábor who died in March 1945 in the Mauthausen concentration camp, while his mother survived the Auschwitz concentration camp. Ligeti despite this massacre experienced dramatically on his own skin writes "Lux Aeterna," alluding to the divine, the beyond-human: do you not find this both mysterious and moving? The music questions us, questions our singing, questions the voices, every single voice of man capable of a ferocity foreign even to beasts and capable at the same time of harmonies that by their beauty shake and move.
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