O voi uomini che mi credete ostile, scontroso, misantropo o che mi fate passare per tale, come siete ingiusti con me! Non sapete la causa segreta di ciò che è soltanto un’apparenza […] pensate solo che da sei anni sono colpito da un male inguaribile, che medici incompetenti hanno peggiorato. Di anno in anno, deluso dalla speranza di un miglioramento […] ho dovuto isolarmi presto e vivere solitario, lontano dal mondo […] se leggete questo un giorno, allora pensate che non siete stati giusti con me, e che l’infelice si consola trovando qualcuno che gli somiglia e che, nonostante tutti gli ostacoli della natura, ha fatto di tutto per essere ammesso nel novero degli artisti e degli uomini di valore.
Ludwig Van Beethoven
Io considero la coscienza come fondamentale, e la materia un derivato della coscienza. Non possiamo andare oltre la coscienza. Tutto ciò di cui discorriamo, tutto ciò che noi consideriamo come esistente, richiede una coscienza.
Max Planck
La coscienza è il teatro, e precisamente l’unico teatro su cui si rappresenta tutto quanto avviene nell’Universo, il recipiente che contiene tutto, assolutamente tutto, e al di fuori del quale non esiste nulla.
Erwin Schrödinger
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250 anni fa, il 16 dicembre 1770, nasceva Ludwig Van Beethoven ed indubbiamente abita nell’esistenza di quest’uomo e nella sua relazione con la musica qualcosa di incommensurabile. Io, l’Orlando Furioso e Mr Pian Piano non siamo musicologi, ma poveri arruffoni, cagnacci dal pelo ispido con le zambe non esattamente linde e cosa mai potremmo blaterare sul divino Beethoven? Forse vale la pena dire una sola cosa e farsi spazio al suo interno per aprire un varco, una fessura attraverso cui sbirciare il genio abbagliante di Ludwig Van Beethoven.
Iniziamo il nostro viaggio dalla sordità di cui Beethoven inizia a rendersi conto quando non ha compiuto trent’anni e che lo costringerà ad interrompere un’attività di brillante concertista al pianoforte e lo porterà a 50 anni a non sentire più assolutamente nulla. All’eterno musicista resteranno da vivere 7 anni di silenzio assoluto e poi la morte a soli 56 anni. Chi èha visitato il Museo Marmottan a Parigi ha potuto ammirare i quadri di Monet cieco, il suo immergere le mani nel colore da impastare sulla tela alla ricerca di forme ormai nascoste nelle tenebre, anche lì qualcosa di prodigioso, come le sculture di Degas o le opere pittoriche del vecchio Tiziano e di Monet.
Dove abitano le immagini dei pittori ciechi e le musiche prodigiose del Beethoven sordo? Ecco questo è il punto a cui ci siamo appassionati nella settimanale chiacchierata mia e di Mr Pian Piano a cui si è aggiunto come sempre per la musica classica il mitico Orlando Furioso a dar manforte. Sostanzialmente la domanda è: l’abissale profondità delle melodie imbastite da Beethoven dove si è dispiegata? Come suonava la sua mente quando nessun strumento era più udibile alle sue orecchie?
Lo spazio della coscienza, oltre la percezione è stato evidentemente lo spazio in cui si è amplificato il “suono” che ha accompagnato Beethoven negli ultimi decenni della sua esistenza ed è lì che la nostra curiosità si accende. Quale luogo magico è la coscienza dove si formano immagini e suonano viole e violini? Il punto centrale del genio è la coscienza che lo abita, un paesaggio fatto d’altro rispetto alle percezioni e che si situa in un luogo-non luogo.
Forse uno dei passaggi centrali del genio musicale di Beethoven e di tutti i grandi artisti e scienziati, statisti ed altre figure che hanno fatto la storia, sta nel sapere tornare in sè. Edificare il mondo nella coscienza e poi portarlo nel mondo dei sensi, condividerlo, dispiegarlo, edificarlo.
Ecco la fessura da cui io l’Orlando Furioso e Mr Pian Piano guardiamo a Beethoven: la capacità di sentire la musica senza udito, immaginare melodie complesse, innovative e assolutamente anticipatrici degli sviluppi musicali successivi all’interno della coscienza. Possiamo trarne un’insegnamento per le nostre menti? Forse non sottovalutare la forza del pensiero è un passo essenziale per sviluppare un pensero creativo? Creativo non esclusivamente in senso artistico. La coscienza è il luogo d’elezione dove esplode ed appare, prima che ai sensi quel che si fa materia, grazie all’ingegno.
Se la coscienza è il teatro che “tutto contiene”, per tornare alla citazione di Schrödinger, allora chiediamoci se conosciamo questo luogo, la platea, i palchi, i corridoi. Non è domanda retorica, visto come l’opera Beethoven sta ad indicarci quali siano i frutti di un’esplorazione accurata della nostra coscienza. Stare con noi stessi, frequentare la solitudine, scoprire sé, stare in un silenzio consapevole, ascoltare in se stessi la Sinfonia n°9 e poi scriverla e attangiarla. Sappiamo ascoltarci? Mentre ce lo chiediamo la domanda dove risuona?
Mentre precipito nello sproloquio, come sempre quando si cucinano ricette “classiche”, il buon Orlando affianca Mr Pian Piano ed i frutti del loro selezionare ingredienti dal repertorio di Beethoven li troverete in una bella playlist CLICCATE QUI per scoprirla. Preparatevi: non è satura dei greatest hits di Ludovico Van, ma appunto per questo particolarmente appetibile.
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Ludwig van Beethoven: classical music.
You men who believe me hostile, surly, misanthropic, or who portray me as such, how unjust you are to me! You do not know the secret cause of what is merely an appearance... Just think that for six years, I have been afflicted by an incurable ailment, worsened by incompetent doctors. Year after year, disappointed by the hope of improvement... I had to isolate myself early and live in solitude, far from the world... If you read this one day, then think that you have not been fair to me, and that the unfortunate one finds solace in finding someone who resembles him and who, despite all the obstacles of nature, has done everything to be counted among artists and people of value.
Ludwig Van Beethoven
I consider consciousness as fundamental, and matter as a derivative of consciousness. We cannot go beyond consciousness. Everything we discuss, everything we consider as existing, requires consciousness.
Max Planck
Consciousness is the stage, and precisely the only stage on which everything that happens in the Universe is performed, the container that holds everything, absolutely everything, and outside of which nothing exists.
Erwin Schrödinger
250 years ago, on December 16, 1770, Ludwig Van Beethoven was born, and undoubtedly, something immeasurable resides in the existence of this man and his relationship with music. I, Orlando Furioso, and Mr. Pian Piano are not musicologists but rather humble jokers, rough dogs with not-so-pristine paws, so what could we possibly blather on about the divine Beethoven? Perhaps it's worth saying just one thing and making space for it to open a passage, a crack through which to glimpse the dazzling genius of Ludwig Van Beethoven.
Let's begin our journey with Beethoven's deafness, which he started realizing before he turned thirty, forcing him to interrupt a brilliant career as a concert pianist and ultimately leading to complete deafness by the age of 50. The eternal musician would have to live in absolute silence for 7 years, followed by death at the age of only 56. Those who have visited the Marmottan Museum in Paris have been able to admire the paintings of the blind Monet, his hands immersed in color to be applied to the canvas in search of forms hidden in the darkness, something miraculous, just like the sculptures of Degas or the paintings of the old Tiziano and Monet.
Where do the images of blind painters and the wondrous music of the deaf Beethoven reside? This is the point that fascinates us in our weekly chat, with the addition of the ever-present Orlando Furioso, who contributes his insights, especially when it comes to classical music. Essentially, the question is: where did the profound melodies crafted by Beethoven develop? How did his mind sound when no instrument was audible to his ears?
The space of consciousness, beyond perception, was evidently the space in which the "sound" that accompanied Beethoven in the last decades of his life amplified, and this is where our curiosity is piqued. What magical place is consciousness, where images form and violins and violas play? The central point of genius is the consciousness that inhabits it, a landscape made of something other than perceptions, and it is situated in a place that is not a place.
Perhaps one of the central elements of Beethoven's musical genius, as well as that of all great artists, scientists, statesmen, and other figures who have made history, lies in knowing how to return to oneself. To build the world within consciousness and then bring it into the world of the senses, to share it, to unfold it, to build it.
So, here is the opening through which we, Orlando Furioso, Mr. Pian Piano, and I, look at Beethoven: the ability to hear music without hearing, to imagine complex, innovative melodies that anticipate future musical developments within consciousness. Can we draw a lesson for our minds? Perhaps not underestimating the power of thought is an essential step in developing creative thinking? Creativity, not exclusively in an artistic sense. Consciousness is the favored place where what is made material, thanks to ingenuity, explodes and appears, before it reaches the senses.
If consciousness is the theater that "contains everything," to return to Schrödinger's quote, then let's ask ourselves if we know this place, the audience, the stages, the corridors. This is not a rhetorical question, given how Beethoven's work indicates what the fruits of a thorough exploration of our consciousness can be. Being with oneself, embracing solitude, discovering oneself, being in conscious silence, listening to Symphony No. 9 within oneself, and then writing it and bringing it to life. Do we know how to listen to ourselves? While we ponder this question, where does it resonate?
As I ramble on, as always when cooking "classical" recipes, Orlando joins Mr. Pian Piano, and the fruits of their selection from Beethoven's repertoire can be found in a beautiful playlist: CLICK HERE to listen! Prepare yourselves: it's not saturated with Ludovico Van's greatest hits, but that's what makes it particularly appetizing.
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