Per quanto riguarda suonare jazz, nessun'altra forma d'arte, tranne la conversazione, può dare la soddisfazione dell'interazione spontanea.
La mia vita è la musica e, in qualche modo vago, misterioso e subconscio, sono sempre stato guidato da una molla interna tesa che mi ha spinto quasi compulsivamente a raggiungere la perfezione nella musica, spesso - infatti, principalmente - a scapito di tutto il resto nella mia vita.
Stan Getz
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Perché ho scelto Stan Getz per questo ennesimo fine settimana in musica su (((RadioPianPiano)))? Bhé sicuramente perché è stato un grande musicista, se volete anche per il fatto che è da un po’ che non blatero di jazz, ma soprattutto perché Stanley Gayetzky ha origini ebraiche. Vedo dilagare questa riduzione degli Ebrei ad un generico “voi”, vedo sempre più diffuso un meccanismo che dopo il “voi” crea colpe collettive là dove son colpe individuali o di gruppi di persone, non certo di un’intero popolo. La musica da Mahler a Bob Dylan, passando per John Zorn, Philip Glass, Steve Reich, Paul Simon e Ligeti, per citarne solo alcuni, deve molto a uomini che hanno alle loro spalle origini e tradizioni ebraiche.
Dimenticare l’individualità, nel bene come nel male, pensare ad un popolo intero, che sia in Israele o in qualche altro paese del mondo come un “voi” indistinto, abitato omogeneamente da questa o quella colpa e quindi nel complesso colpevole, è un passo ben preciso verso l’odio, l’antisemitismo, la violenza, il male. Se mai ha un senso politico e sociale la musica, e credo l’abbia, la sua forza intrinseca non sta tanto nei messaggi che manda con le parole, non ho mai amato le didascalie, ma nel suo far fiorire le individualità alimentando i sogni e le speranze, le emozioni di una collettività. Questo fiorire dell’individualità è il processo opposto alla massificazione indistinta del “voi” a cui non sono mai riuscito ad adeguarmi. Se mai c’è una trama che accomuna popoli e tradizioni, l’interpretazione di detta trama è sempre individuale.
Torniamo alla musica e oggi godiamoci un gigante del jazz, un giovanotto che inizia a soffiare in un sax tenore con la band di Benny Goodman e quindi un musicista che ha nel suo DNA lo swing. Tra gli anni 1950-1960 Stan Getzsegue le orme di Lester Young, ispiratore dei più grandi sassofonisti di quegli anni. Sono gli anni di Sonny Rollins e John Coltrane e pochi riescono a tenere il loro passo sia come strumentisti che in una prospettiva creativa. Stan Getz sicuramente è tra questi. Con l’affermarsi del cool jazz il nostro eroe stringe un sodalizio con il trombettista Chet Baker regalandoci grandi registrazioni. Nel 1958 Getz sloggia dagli Stati Uniti per stabilirsi in Danimarca, evitando la legge americana che lo perseguiva per consumo di droga, ahimé vecchia rogna di tanti geni del jazz.
Sulla piazza stava per arrivare la tempesta del free, un linguaggio estraneo a Getz che preferisce cercare forme di contaminazione e trova una strada che gli regalerà la notorietà: la bossa nova. In Brasile incontra João Gilberto e il suo modo di suonare la chitarra. Getz e Gilberto si incontrarono, a Washington, per registrare l'album Jazz Samba, che conteneva brani di Antônio Carlos Jobim. Il disco ebbe un incredibile successo commerciale al punto che l'album è considerato uno dei dischi di jazz più venduti di ogni tempo. Con Gilberto e la moglie Astrud e l'altra grande star della bossa nova "Tom" Jobim, realizzò nel 1963 lo storico album Getz/Gilberto. La bossa nova, negli USA l'aveva portata lui e quindi, anticipando tutti, raccolse attorno a sé i migliori interpreti del genere. La canzone The Girl From Ipanema cantata in inglese da Astrud Gilberto (che fino a quel giorno faceva la casalinga vinse parecchi Grammy Award, diventando la più popolare e interpretata canzone brasiliana di sempre.
Personalmente sono rimasto fulminato da due cose nella grante arte di Stan Getz: dalla bellezza eterna di “Samba de Uma Nota So” e dal suono del suo sax, pulitissimo ed al contempo espressivo, un suono come raramente ne ho ascoltati. Spero apprezzerete con me questo ritorno al jazz qui su (((RadioPianPiano))) e al solito vi invito a gustare le portate sonore cucinate qui per voi come da consuetudine. CLICCATE QUI per ascoltare un’abbondante selezione di indimenticabili brani, dove oltre a Stan Getz troverete tanti altri protagonisti nella storia del jazz. Guardate almeno quest’ultimo video: è emozionante, sono due angeli.
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Stan Getz: jazz.
As far as playing jazz, no other art form, other than conversation, can give the satisfaction of spontaneous interaction.
My life is music, and in some vague, mysterious and subconscious way, I have always been driven by a taut inner spring which has propelled me to almost compulsively reach for perfection in music, often - in fact, mostly - at the expense of everything else in my life.
Stan Getz
Why did I choose Stan Getz for this yet another music-filled weekend on (((RadioPianPiano)))? Well, surely because he was a great musician, and also because it's been a while since I talked about jazz, but above all because Stanley Gayetzky has Jewish origins. I see this reduction of Jews to a generic "you" spreading, I see a mechanism becoming more and more widespread that, after the "you," creates collective guilt where there are individual or group faults, certainly not of an entire people. Music, from Mahler to Bob Dylan, passing through John Zorn, Philip Glass, Steve Reich, Paul Simon, and Ligeti, to name just a few, owes much to men who have Jewish backgrounds and traditions.
Forgetting individuality, for better or for worse, thinking of an entire people, whether in Israel or in some other country in the world, as an undistinguished "you," inhabited homogeneously by this or that fault and therefore collectively guilty, is a definite step towards hatred, antisemitism, violence, evil. If music ever has a political and social sense, and I believe it does, its intrinsic strength lies not so much in the messages it sends with words—I have never liked captions—but in its nurturing of individualities, feeding the dreams and hopes, the emotions of a community. This flourishing of individuality is the opposite process to the indistinct massification of the "you" to which I have never been able to conform. If there is ever a common thread that unites peoples and traditions, the interpretation of said thread is always individual.
Let's return to music, and today let's enjoy a giant of jazz, a young man who began blowing on a tenor sax with Benny Goodman's band and thus a musician who has swing in his DNA. In the 1950s-1960s, Stan Getz followed in the footsteps of Lester Young, the inspiration for the greatest saxophonists of those years. These were the years of Sonny Rollins and John Coltrane, and few managed to keep pace with them both as instrumentalists and in a creative perspective. Stan Getz is surely among them. With the emergence of cool jazz, our hero formed a partnership with trumpeter Chet Baker, giving us great recordings. In 1958, Getz left the United States to settle in Denmark, avoiding the American law that pursued him for drug use, alas, an old problem for many jazz geniuses.
The storm of free jazz was about to arrive on the scene, a language foreign to Getz, who preferred to seek forms of contamination and found a path that would give him fame: bossa nova. In Brazil, he met João Gilberto and his way of playing the guitar. Getz and Gilberto met in Washington to record the album "Jazz Samba," which contained songs by Antônio Carlos Jobim. The album was incredibly successful commercially, to the point that it is considered one of the best-selling jazz albums of all time. With Gilberto and his wife Astrud, and the other great star of bossa nova, "Tom" Jobim, he produced the historic album "Getz/Gilberto" in 1963. Bossa nova, in the USA, he brought it, and thus, anticipating everyone, he gathered around him the best performers of the genre. The song "The Girl From Ipanema," sung in English by Astrud Gilberto (who until that day was a housewife), won several Grammy Awards, becoming the most popular and performed Brazilian song of all time.
Personally, I was struck by two things in Stan Getz's great art: the eternal beauty of "Samba de Uma Nota So" and the sound of his saxophone, pristine and expressive at the same time, a sound like I have rarely heard. I hope you will appreciate with me this return to jazz here on (((RadioPianPiano))), and as usual, I invite you to enjoy the musical dishes cooked here for you as usual. CLICK HERE to listen to a generous selection of unforgettable songs, where in addition to Stan Getz, you will find many other protagonists in the history of jazz. Watch at least this last video: it's exciting, they are two angels.
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Buongiorno Enrico, l'incipit di oggi è un giusto richiamo da contrapporre alle facili generalizzazione di questi tempi. Per quanto riguarda la proposta musicale hai dato concretezza ai miei ascolti, che mancavano di collegamenti storici. Grazie e buona domenica in jazz.