Una nuova lingua richiede una nuova tecnica. Se ciò che stai dicendo non richiede una nuova lingua, allora probabilmente ciò che stai dicendo non è nuovo.
Una delle magliette di Allen Ginsberg diceva: "Beh, finché sono qui, farò il lavoro. E qual è il lavoro? Alleviare il dolore di vivere. Tutto il resto, uno spettacolo ubriaco senza senso."
Philip Glass
If you read the post on your phone and the button “Read in English” doesn’t work, scroll down the page: the English version is after the Italian one.
Philip Glass Ha compiuto questa settimana 87 anni, il 31 gennaio, mi sembra il caso di dedicargli il nostro incontro settimanale, ritornando alla musica contemporanea che non navighiamo da mesi. C’è tutta l’America nei suoi inizi come compositore. Nel retrobottega del negozio del padre a Baltimora dove ascolta dischi di musica classica, fino alla fuga a New York per cercare fortuna come musicista, ficcandosi nei jazz club, innamorandosi dell’oriente. Il nostro eroe sbarca il lunario facendo il tassista e l’idraulico e occupandosi di traslochi in società con l’amico di avventure musicali Steve Reich, per arrivare, come in tutte le storie americane a lietofine, ad essere celebrato come uno dei più grandi compositori viventi già alla fine del XX secolo. Sarebbe bello spendere qualche parola sulla freschezza della cultura americana dal secondo dopoguerra fino almeno agli anni 80 capace, dalla pittura alla musica passando per tutte le arti, di rinnovare la cultura occidentale proponendo nuove visioni, ma non voglio tediarvi, magari ci ritorneremo…. Il minimalismo è una di queste innovazioni appunto in campo musicale.
Glass attraversa gli anni 60, epoca feconda di slanci creativi negli USA, testimone dell’abbattimento di quelle barriere che in Europa dividevano ancora la cultura alta da quella popolare. Sono gli anni della Pop Art e di Andy Warhol e della definitiva intersezione tra popolare e colto. Insieme a Riley, Reich e La Monte Young si inventa il minimalismo come nuovo genere musicale, una modalità compositiva che ripete in un moto non più lineare e narrativo, ma circolare e reiterato un tema compositivo. Schematizzando il minimalismo come linguaggio consiste nella semplificazione del materiale musicale tradizionale e nella ripetizione di una frase con piccole variazioni, generando composizioni timbricamente uniformi, frequentemente tonali, e senza una struttura musicale definita dall'armonia. Sono composizioni che cambiano progressivamente, ma in modo quasi impercettibile e apparentemente statico, attraverso ripetizioni e sovrapposizioni ritmiche di cellule melodiche che possono generare, a volte, tessuti sonori complessi (alla fine della scaletta di oggi un bell’esempio di questa prassi compositiva). La forza di Glass sta nell’esser stato capace di avvicinare alla musica contemporanea un pubblico ampio, attraverso un linguaggio disponibile e senza barrriere come scrivevo prima, le stesse che negli anni 60 in Europa erano invalicabili, con un taglio netto tra musica colta e popolare e un linguaggio imperante, la postdodecafonia, molto difficile ed impervio per un pubblico non specialistico.
E noi cricca di ventenni postpunk come ci siamo fatti rapire dal minimalismo e da Philip Glass? Attraverso il cinema con il film di Godfrey Reggio Koyaanisqatsi. Reggio non è certo Orson Welles, ma per un quasi 20enne fu un’esperienza totalizzante, un film senza dialoghi, un flusso di immagini sulla vita alienante e distruttiva dell’uomo contemporaneo e suoni, nient’altro: amore a prima vista. Altro fattore di interesse per la musica di Glass è stata appunto la commistione tra ambiti culturali diversi con grande trasversalità e curiosità, da qui le reinterpretazioni di Low di Bowie, trasformata in sinfonia, le puntate nel mondo della canzone, le soundtrack per il cinema, da “Truman Show” a “The Hours”. Philip Glass è stato per molti della mia generazione una porta di accesso a compositori più difficili e blasonati, un invito ad ascoltare altro dallo sferragliare punk, rock, wave, ad attraversare musiche di tribù diverse a testa alta, ad entrare in un teatro come in un club indifferentemente: ogni musica diventava degna di attenzione. Anni 80 in cui Glass diventa popolare con le collaborazioni teatrali con Bob Wilson, dove l’aspetto musicale è centrale.
Da qui la riscrittura per orchestra anche di “Heroes” e l’estemporanea collaborazione con Aphex Twin, uno dei re dell’elettronica più estrema e di ricerca, di cui Glass ha orchestrato “Icct Hedral” restituendoci da un’altra prospettiva Mr Richard David James. Una delle influenze più importanti sul lavoro (e la vita) di Glass viene dall’oriente e dall’India (buddista praticante). Incontra a Parigi a metà degli anni 60 Ravi Shankar, durante la sua borsa di studio in composizione con Nadia Boulanger. Le tecniche compositive del grande musicista indiano lo influenzeranno moltissimo, portandolo decenni dopo anche a registrare un disco in collaborazione con Shankar. Il musicista americano guarda alle espressioni musicali di altri popoli con grande interesse, come testimoniano le sue composizioni per il film “Anima Mundi” e nuovamente con Godfrey Reggio per i film Powaqqatsi e Naqoyqatsi.
Ho visto Glass a teatro con il suo ensamble e mi ha restituito questo approccio eclettico, capace di cogliere in ogni suono planetario uno spunto da immergere in quel linguaggio minimalista che ha affascinato tanti musicisti, Max Richter, Michael Nyman. Ludovico Einaudi, Wim Mertens solo per citarne alcuni a caso tra i tanti. Ordunque eccomi nel mio ruolo di chef sonoro. CLICCATE QUI: vi ho cucinato una serie di composizioni di Philip Glass che spero vi incuriosiranno, preferendo la varietà alla coerenza, per regalarvi una carrellata tra le composizioni del prolifico compositore.
Desiderate qualcosa di diverso dalle trame compositive di Philip Glass? Il jukebox di Mr Pian Piano con tutti i musicisti e le musiciste del nostro intrigante menù è come ogni domenica a vostra completa disposizione: classica, jazz, pop, rock e ambient sono lì ad aspettarvi. Se volete scoprire in dono altre monografie curate da Mr Pian Piano di decine e decine e decine (e decine) di superbi musicisti vi basta accomodarvi qui:
CLICCATE QUI e aprite l’archivio delle monografie di grandi musicisti in ordine alfabetico.
Volete esplorare il progetto multimediale online che sto realizzando con Adi Newton (Clock Dva, Anti Group) tra arte e musica? CLICCATE QUI per scoprirlo.
Stanchi di musica? Volete leggere di economia, politica e finanza con uno sguardo alieno? (((RadioPianPiano))) consiglia di frequentare Alieno Gentile e la sua dimora digitale.
PS: se volete sostenere (((RadioPianPiano))) sottoscrivete un abbonamento annuale (30 euro) o mensile di 5 euro. Il gesto sarà apprezzato visto il lavoro settimanale che c'è dietro a queste pagine. Non potete o non volete? Sottoscrivete la newsletter: è gratis. Grazie
Philip Glass: contemporary music.
A new language requires a new technique. If what you’re saying doesn’t require a new language, then what you’re saying probably isn’t new.
One of Allen Ginsberg’s T-shirts said, “Well, while I’m here, I’ll do the work. And what’s the work? To ease the pain of living. Everything else, drunken dumbshow.
Philip Glass
Philip Glass turned 87 this week, on January 31, so it seems fitting to dedicate our weekly meeting to him, returning to contemporary music, a realm we haven't explored for months. There's all of America in his beginnings as a composer, from listening to classical music records in the back of his father's store in Baltimore to fleeing to New York to seek fortune as a musician, immersing himself in jazz clubs, and falling in love with the East. Our hero made ends meet by working as a taxi driver and plumber, and engaged in moving ventures with his musical adventuresome friend Steve Reich. Eventually, as in all American stories, he became celebrated as one of the greatest living composers by the end of the 20th century. It would be nice to discuss the freshness of American culture from the post-war period until at least the 80s, capable of renewing Western culture through painting, music, and all the arts, proposing new visions. Still, I don't want to bore you; perhaps we'll come back to that later. Minimalism is one of these innovations, specifically in the field of music.
Glass navigates through the 60s, a fertile era of creative impulses in the USA, witnessing the breaking down of barriers that in Europe still divided high culture from popular culture. These were the years of Pop Art, Andy Warhol, and the definitive intersection between the popular and the cultivated. Alongside Riley, Reich, and La Monte Young, Glass invents minimalism as a new musical genre, a compositional mode that repeats a thematic motif in a non-linear, narrative manner but in a circular and reiterated fashion. Minimalism, as a language, involves simplifying traditional musical material and repeating a phrase with small variations, generating tonally uniform, often tonal compositions without a defined musical structure dictated by harmony. These compositions change progressively, almost imperceptibly and seemingly static, through repetitions and rhythmic overlays of melodic cells that can, at times, create complex sonic textures.
Glass's strength lies in his ability to bring contemporary music to a broad audience through an accessible language without barriers, the same barriers that in the 60s in Europe were insurmountable, with a clear distinction between high and popular music and a dominant language, post-serialism, very difficult and impervious for a non-specialized audience..
And how did we, a group of post-punk twenty-year-olds, get captivated by minimalism and Philip Glass? Through cinema, with Godfrey Reggio's film Koyaanisqatsi. Reggio may not be Orson Welles, but for an almost 20-year-old, it was a totalizing experience—a film without dialogue, a flow of images on the alienating and destructive life of contemporary man and sounds, nothing else: love at first sight. Another factor of interest in Glass's music has been the blending of different cultural realms with great transversality and curiosity, leading to reinterpretations of Bowie's Low, transformed into a symphony, ventures into the world of song, and soundtracks for films from "Truman Show" to "The Hours."
Philip Glass has been a gateway for many of my generation to more difficult and prestigious composers, an invitation to listen to something other than the clattering of punk, rock, and wave, to traverse music from different tribes with heads held high, to enter a theater as if entering a club, where every music became worthy of attention. In the 80s, Glass became popular with theatrical collaborations with Bob Wilson, where the musical aspect is central.
Hence, the orchestral rewrites of "Heroes" and the spontaneous collaboration with Aphex Twin, one of the kings of extreme and experimental electronics, whose "Icct Hedral" Glass orchestrated, providing us with another perspective on Mr. Richard David James. One of the most important influences on Glass's work (and life) comes from the East and India (he's a practicing Buddhist). In the mid-60s, during his composition scholarship with Nadia Boulanger in Paris, he met Ravi Shankar. The compositional techniques of the great Indian musician influenced him significantly, leading him to record an album in collaboration with Shankar decades later. The American musician looks at the musical expressions of other peoples with great interest, as evidenced by his compositions for the film "Anima Mundi" and again with Godfrey Reggio for the films Powaqqatsi and Naqoyqatsi.
I saw Glass in the theater with his ensemble, and he returned this eclectic approach to me, capable of finding inspiration in every planetary sound and immersing it in the minimalist language that fascinated many musicians, Max Richter, Michael Nyman, Ludovico Einaudi, Wim Mertens, just to name a few randomly. Therefore, here I am in my role as a sound chef. CLICK HERE: I've prepared a series of Philip Glass compositions that I hope will intrigue you, preferring variety over coherence, to give you a glimpse into the prolific composer's works.
Do you desire something different from Philip Glass's compositional structures? Mr. Pian Piano's jukebox with all the musicians on our intriguing menu, as every Sunday, is at your complete disposal: classical, jazz, pop, rock, and ambient are there waiting for you. If you want to discover other monographs curated by Mr. Pian Piano of dozens and dozens (and dozens) of superb musicians, just settle in here: CLICK HERE, and the archive of monographs of great musicians in alphabetical order will magically open for you.
Want to explore the multimedia project online I'm creating with Adi Newton (Clock Dva, Anti Group) between art and music? CLICK HERE to discover it.
Tired of music? Do you want to read about economics, politics, and finance with an alien gaze? (((RadioPianPiano))) recommends visiting Alieno Gentile and his digital abode.
PS: If you want to support (((RadioPianPiano))), subscribe to an annual membership (30 euros) or a monthly one for 5 euros. The gesture will be appreciated given the weekly work behind these pages. Can't or don't want to? Subscribe to the newsletter: it's free. Thank you.