"Trovo sempre affascinante l’anello di Möbius", dice Paul. "Mi ricordo di averlo visto a scuola e di pensare, 'Ha solo un lato! Che strano'. Mi piacerebbe una copertina di un disco a forma di anello di Möbius, ma ancora non riesco a inventarla."
"Tutti gli strumenti hanno un suono, che sia una voce, una chitarra, un sintetizzatore modulare o un software. Tutti hanno limiti e vincoli. Credo che lì risieda il divertimento. Essere vincolati dai limiti delle proprie abilità o della macchina, ma comunque diventare creativi all'interno di quei confini."
Paul Hartnoll
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Gli Orbital, dal 1989 al 2004 e dalla reunion del 2009 ad oggi sono essenziali nella musica elettronica negli ultimi 30 anni. Nell’ultimo mezzo secolo il suono sintetico è entrato lentamente ma definitivamente nel vocabolario della musica pop. Il pop ne ha assorbito il Dna, metabolizzandone forma e contenuti. Ancora una volta volta nella storia della popular music, abbiamo assistito ad una british invasion che ha rivoluzionato il modo di fare musica. Il ruolo degli Orbital in questa trasformazione nel linguaggio del pop è importante e porta la tecno ad uscire da suoni quasi esclusivamente relegati ai rave party per divenire appunto un linguaggio popolare. I fratelli Hartnoll, ovvero gli Orbital sono protagonisti di un indiscutibile rinnovamento sonoro.
Quando negli anni 90 come Mr Pian Piano vivevo a Firenze, allora in fermento sonoro, mi avreste trovato spesso nel negozio della Contempo records dove bighellonavo pescando vinili e cd e ritrovandomi all’uscita a tasche vuote, ma soddisfatto assai come un bambinello con l’ennesimo giocattolo da ammirare. Fu l’amico Alessandro a farmi ascoltare il loro trascinante “Brown album”, una cavalcata tecno da spararsi in cuffia ad adeguato volume. Era come ri-scoprire i Kraftwerk, ma 20 anni dopo ed imbevuti di club culture e tecno di Detroit. Lì stavano le novità mentre il rock languiva sempre più ubriaco di autoreferenzialità ed in quel disco troviamo la prima hit degli Orbital: Halcyon.
Certo nella tecno c’è una certa furia ed anche se volete un’attitudine sonora fastidiosamente barbara e primordiale, da sempre funzionale al rituale del rave, con i tradizionali ingredienti di illegalità, alcool e droghe sintetiche e fin qui il fenomeno è circoscritto alle culture giovanili tra anni 90 e primi anni del XXI secolo. Gli Orbital sono stati anche questo, specialmente all’inizio della loro carriera, quando portavano le loro composizioni in piccoli club o in grandi adunate rave in spazi industriali abbandonati. Eppure anche nelle loro composizioni più dozzinali si nota sempre un’attitudine alla melodia, alla ricerca ed a definire nuovi orizzonti per il suono elettronico, attitudine che li ha portati alla fama, a lavorare per Hollywood ed a remixare star del pop come Madonna, ma anche a collaborare con il fisico e divulgatore scientifico Brian Cox.
Però, vista appunto la loro complessità, nella loro tavolozza sonora non abita solo la furia, ma anche la contemplazione, la commistione con gli strumenti analogici, la malinconia tarkowskjana, la fantascienza riflessiva alla Solaris o alla Stalker ed è qui che i due fratelli danno il meglio nel loro ormai considerevole repertorio. Ad esempio ho sempre ammirato questo brano, “Lost” e lo trovo un bell’ibrido, una sorta di musica da camera per navicella intergalattica abbandonata alla deriva mentre trascorrono anni luce.
Sperando di avervi incuriosito almeno un po’ vi invito come ormai da tradizione ad accomodarvi nel nostro eclettico ristorante sonoro, per immergervi in una realtà aumentata, sconnettere il tempo: indossate le cuffie e CLICCATE QUI per scaraventarvi oltre le consuete percezioni ed entrare in orbita con gli Hartnoll bros.
Desiderate qualcosa di diverso dall’elettronica degli Orbital? Il jukebox di Mr Pian Piano con tutti i musicisti e le musiciste del nostro intrigante menù è come ogni domenica a vostra completa disposizione: classica, jazz, pop, rock e ambient sono lì ad aspettarvi. Se volete scoprire in dono altre monografie curate da Mr Pian Piano di decine e decine e decine (e decine) di superbi musicisti vi basta accomodarvi qui:
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Orbital: electronic.
“I’ve always found the Mobius loop fascinating,” Paul spouts. “I remember being shown it at school and thinking, ‘It has only got one side! How strange’. I’d like a Mobius loop record cover, but I still can’t invent it.”
All instruments have a sound whether a voice, guitar, a modular synth or a piece of software. All have limits and constraints. I think that’s where the fun is. Being constrained by the limits of your skill or the machine, but getting creative within those boundaries anyway.
Paul Hartnoll
The Orbital, from 1989 to 2004 and from the 2009 reunion to the present, have been essential in electronic music for the past 30 years. In the last half-century, synthetic sound has slowly but definitively entered the vocabulary of pop music. Pop has absorbed its DNA, metabolizing its form and content. Once again in the history of popular music, we witnessed a British invasion that revolutionized the way music is made. The role of Orbital in this transformation of the pop language is significant, leading techno to move beyond sounds almost exclusively confined to rave parties and becoming a popular language. The Hartnoll brothers, Orbital, are protagonists of an undisputed sonic renewal.
When in the 90s, like Mr. Pian Piano, I lived in Florence, then a hub of musical ferment, you would often find me in the Contempo Records store, lingering around, picking up vinyl and CDs and ending up leaving with empty pockets but very satisfied, like a child with yet another toy to admire. It was my friend Alessandro who introduced me to their captivating "Brown Album," a techno ride to be enjoyed at an appropriate volume in headphones. It was like rediscovering Kraftwerk, but 20 years later and infused with club culture and Detroit techno. The innovations were there while rock languished increasingly drunk on self-reference, and in that album, we find Orbital's first hit: Halcyon.
Certainly, in techno, there is a certain fury, and even if you want a sound attitude annoyingly barbaric and primordial, always functional to the rave ritual, with the traditional ingredients of illegality, alcohol, and synthetic drugs, and so far, the phenomenon is confined to youth cultures between the 90s and the early years of the 21st century. Orbital has also been this, especially at the beginning of their career when they brought their compositions to small clubs or large rave gatherings in abandoned industrial spaces. Yet, even in their more commonplace compositions, there is always an attitude towards melody, exploration, and defining new horizons for electronic sound, an attitude that has brought them to fame, working for Hollywood, remixing pop stars like Madonna, and collaborating with physicist and science communicator Brian Cox.
However, given their complexity, in their sonic palette, not only does fury reside, but also contemplation, a mix with analog instruments, Tarkovskian melancholy, reflective science fiction like Solaris or Stalker, and this is where the two brothers excel in their considerable repertoire. For example, I have always admired this track, "Lost," and I find it a beautiful hybrid, a sort of chamber music for a spacecraft adrift in intergalactic space while light years pass.
Hoping to have piqued your curiosity at least a little, I invite you, as is now tradition, to settle into our eclectic sound restaurant, to immerse yourself in augmented reality, disconnect time: wear your headphones and CLICK HERE to catapult yourself beyond the usual perceptions and enter orbit with the Hartnoll brothers.
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