Il tempo mi ha detto di non chiedere di più, un giorno il nostro oceano troverà la sua riva.
Nick Drake
Di tutti gli album che ho mai realizzato, i due che ho prodotto con Nick sono quelli di cui vado più fiero. Li ascolto spesso perché era straordinariamente bravo – nulla di ciò che ha fatto è mai stato meno che sorprendente, e aveva il dono di scrivere melodie di incredibile bellezza.
Joe Boyd
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Perché oggi Nick Drake? Sono talmente tanti i grandi musicisti di cui non ho parlato e magari non parlerò, che mi piace lasciare al caso, al destino un’occasione per raccontarli. Tutto inizia mercoledì sera di questa settimana, quando chiudo la quarta stagione di “Slow Horses” e il sipario si chiude amaro con il personaggio di Jackson Lamb che in compagnia di David Cartwright beve silenziosamente in un pub con sullo sfondo una canzone di Nick Drake. Vi raccomando l’ottima serie che vede un bravissimo Gary Oldman interpretare racconti alla Le Carrè dove le spie non sono eroi, ma bastardi assassini e passo oltre. Avevo tuttavia in mente anche un altro musicista da propinarvi oggi, ma sono inciampato in un’altra coincidenza che risponde al nome di Simone Lenzi, l’assessore alla cultura di Livorno defenestrato dal suo partito, il PD, e dalla giunta per la “grave” colpa di essere un toscanaccio ironico e di disprezzare una testata verso cui qualunque mente sensata non può che provare disprezzo. Una sinistra allo sbando e senza riferimenti cosa può mai fare se non silurare i suoi uomini migliori? Che ci azzecca con Nick Drake? Decenni fa la band di Lenzi, i Virginiana Miller, parteciparono ad un omaggio a Nick Drake su un disco al cui interno, con la mia band di allora, c’era anche il sottoscritto. Due indizi fanno un colpevole, eccomi costretto a far due chiacchiere su Nick Drake.
Spostiamoci con la macchina del tempo all’inizio del 1968, qualcosa cambia la vita di Nick Drake ed è un concerto alla Round House di Londra. Nascosto tra il pubblico c'è Ashley Hutchings, bassista dei Fairport Convention. Colpito dal talento di Nick, Ashley racconta al manager dei Fairport Convention Joe Boyd del promettente ragazzo. Basta un nastro con quattro pezzi per convincerlo del suo talento, assai evidente…. Il frutto dell'apprezzamento vale a Nick Drake un contratto discografico con la Island, un compenso fisso settimanale (20 sterline) e l'ingresso nel club di talenti Witchseason Productions, sottoetichetta gestita da Boyd. Inizia una breve ma bella storia. In estate iniziano le sedute di registrazione del primo album, Five Leaves Left. Nel frattempo Nick Drake decide di lasciare l'università, senza laurearsi e immergersi totalmente nella carriera di musicista. In quel periodo Joe Boyd è il mentore di Nick e, insieme al fidato tecnico del suono John Wood, il fulcro della sua vita professionale. Ne esce un album magnifico.
Dentro a Five Leaves Left ci sono musicisti come Richard Thompson dei Fairport Convention, Paul Harris al pianoforte e al contrabbasso quel Danny Thompson dei Pentangle che ha suonato decenni dopo con David Sylvian ed i Talk Talk a costruire un filo rosso che collega Nick Drake a chi lo ha ascoltato e ne ha apprezzato la poetica. Purtroppo le vendite del disco sono assai modeste ed inizia così quel percorso fatto di delusioni commerciali che caratterizzerà tutti i lavori di Drake. Le esibizioni dal vivo sono un disastro, non per come il nostro suona o canta, ma per com’è assolutamente incapace di costruire una relazione con il pubblico, per come sfugge al suo abbraccio. Lo stesso dicasi per interviste, passaggi radiofonici ecc. L’uomo è un animale da studio, registra i suoi brani e sente che non ha nient’altro da dire o fare ed evita qualsiasi promozione dei suoi lavori…
Per il secondo album Nick Drake ha in mente un'opera dal respiro più ampio, più arrangiata e meno essenziale del disco di esordio. Il Nostro sceglie personalmente i musicisti da coinvolgere: conferma Richard Thompson alla chitarra e Paul Harris al piano, opta per la nuova sezione ritmica dei Fairport (Dave Pegg, basso; Dave Mattacks, batteria), jazzisti esperti come Ray Warleigh (sax, flauto), Chris Mc Gregor (piano) e Lyn Dobson (flauto). La vera svolta come team di musicisti coinvolti nel nuovo lavoro arriva con il poliedrico John Cale, ex Velvet Underground. L'intesa fra Nick e John è subito forte. Purtroppo anche a questo giro le copie vendute, per i parametri di allora sono poche: 15.000 copie. Un numero superiore all'esordio, ma inferiore alle aspettative. Iniziano le frequenti visite psichiatriche decise dai genitori: la macabra danza di antidepressivi, medicinali e droghe che lo porterà a una lenta, ma implacabile assuefazione.
Chris Blackwell il boss della Island che stimava moltissimo Nick Drake e lo vede provato, quasi sfiorito, gli lascia a disposizione la sua villa nel sud della Spagna, per un’estate. Il soggiorno serve a Drake per portare mentalmente a termine il progetto sul nuovo disco. Pink Moon, sua ultima fatica, nasce in due sole notti di lavoro. Spoglio, essenziale, minimale, questo lavoro svetta nella sua discografia come un progetto dove l’artista si mette a nudo senza compromessi. Un disco per sola chitarra e voce, salvo puntuali eccezioni, in cui l'autore si guarda allo specchio e si racconta. Pink Moon esce nel 1972, non vende quasi nulla ed è il colpo definitivo che cancella Nick Drake dalla vita pubblica. L’artista sparisce per due anni, facendo base a casa dei genitori e purtroppo una mattina del 1974 viene trovato morto dalla madre in camera da letto per un dosaggio eccessivo di antidepressivi.
Come per Vincent Van Gogh non essere riconosciuto come artista da quel pubblico che lo spaventava e con cui evitava di confrontarsi gli è stato fatale. La tragicità dell’epilogo non è però la prospettiva in cui intrappolare il suo lavoro artistico, così come per il grande pittore olandese bisogna uscire dal dato biografico e lasciarsi rapire dalla malinconia leggerissima delle sue canzoni, da quella dimensione contemplativa che le riempie di fascino, da una dolcezza che si spinge ben oltre una dimensione romantica, per bruciare di incapacitazione, solitudine e struggimento. Scoprire o riscoprire Nick Drake è immergersi in un viaggio interiore, dove un animo fragile e delicato si mostra senza infingimenti. La sincerità diretta e immediata di questo artista la ritroviamo in ogni sua canzone ed in quest’epoca di streaming, schermi giganti dentro a stadi stipati di persone, la dimensione intima di Drake è una boccata di ossigeno, un ritrovare l’anima delle cose, senza contraffazioni.
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Nick Drake: folk, pop.
Time has told me not to ask for more, someday our ocean will find its shore.
Nick Drake
Of all the albums I ever made, the two I produced by Nick are the ones I'm most proud of. I listen to them often because he was extraordinarily good - nothing he ever did was less than striking, and he had the gift of writing melodies of incredible beauty.
Joe Boyd
Why Nick Drake today? There are so many great musicians I haven't talked about and perhaps never will, so I like to leave it up to chance, to destiny, to tell their stories. It all started on Wednesday evening this week, when I finished watching the fourth season of “Slow Horses,” and the curtain fell bitterly with the character Jackson Lamb silently drinking in a pub with David Cartwright and a Nick Drake song is playing in the background. I highly recommend this excellent series, in which a brilliant Gary Oldman portrays Le Carré-like stories where spies aren’t heroes, but murderous bastards. However, I’ll move on. I also had another musician in mind to introduce to you today, but I stumbled upon another coincidence involving Simone Lenzi, the cultural assessor of Livorno who was ousted by his party, the PD, and the local administration for the "grave" crime of being ironic and expressing disdain toward a newspaper that any sensible mind can only despise. A left wing in disarray and without guidance — what else can it do but sink its best men? What does this have to do with Nick Drake? Decades ago, Lenzi's band, Virginiana Miller, participated in a tribute to Nick Drake on an album, and my band at the time was also featured. Two clues make a case, so here I am, forced to chat about Nick Drake.
Let’s hop into the time machine and travel to early 1968. Something changed Nick Drake’s life, and that something was a concert at the Round House in London. Hidden among the audience was Ashley Hutchings, bassist for Fairport Convention. Impressed by Nick’s talent, Ashley told Fairport Convention’s manager Joe Boyd about the promising young man. It only took a tape with four songs to convince him of Nick’s obvious talent. The outcome was a record deal with Island, a weekly wage (20 pounds), and entry into the Witchseason Productions talent club, a sub-label run by Boyd. Thus began a brief but beautiful journey. That summer, recording sessions for Nick’s debut album, Five Leaves Left, began. Meanwhile, Nick decided to leave university without completing his degree and immerse himself fully in his music career. During that period, Joe Boyd was Nick’s mentor, and together with trusted sound engineer John Wood, they formed the core of his professional life. The result was a magnificent album.
Inside Five Leaves Left were musicians like Richard Thompson of Fairport Convention, Paul Harris on piano, and on double bass, Danny Thompson of Pentangle, who decades later played with David Sylvian and Talk Talk, forming a red thread that connects Nick Drake to those who listened to and appreciated his poetic music. Unfortunately, the album's sales were very modest, marking the start of a series of commercial disappointments that would characterize all of Drake’s works. His live performances were a disaster, not because of how he played or sang, but because he was utterly incapable of connecting with the audience, evading their embrace. The same went for interviews, radio appearances, and so on. He was a studio animal, recording his songs and feeling he had nothing more to say or do, thus avoiding any promotion of his works.
For his second album, Nick Drake envisioned something more expansive, with richer arrangements, less minimal than his debut. He personally selected the musicians: Richard Thompson on guitar and Paul Harris on piano were confirmed, and he opted for Fairport’s new rhythm section (Dave Pegg on bass, Dave Mattacks on drums), seasoned jazz musicians like Ray Warleigh (sax, flute), Chris McGregor (piano), and Lyn Dobson (flute). The real breakthrough in terms of the musicians involved in this new project came with the multi-talented John Cale, formerly of the Velvet Underground. The chemistry between Nick and John was immediate. Unfortunately, even this time, sales were poor by the standards of the day: only 15,000 copies sold. Though better than the debut, it was below expectations. This marked the beginning of frequent psychiatric visits arranged by his parents: the macabre dance of antidepressants, medications, and drugs that would lead him to a slow but relentless dependence.
Chris Blackwell, the head of Island who greatly admired Nick Drake and saw him deeply troubled, nearly fading away, offered him the use of his villa in southern Spain for the summer. The stay helped Drake mentally finalize his new album project. Pink Moon, his final work, was born in just two nights of recording. Stripped down, essential, minimal, this album stands out in his discography as a project where the artist bares himself without compromise. A record for guitar and voice alone, with only occasional exceptions, in which the author gazes into the mirror and tells his story. Pink Moon was released in 1972, sold almost nothing, and was the final blow that erased Nick Drake from public life. He disappeared for two years, retreating to his parents’ home, and sadly, one morning in 1974, his mother found him dead in his bedroom from an overdose of antidepressants.
Like Vincent Van Gogh, not being recognized as an artist by the public that frightened him, the public he avoided, was fatal for him. However, the tragic ending shouldn’t trap us in his biography when evaluating his artistic work. Just as with the great Dutch painter, we need to look beyond the biographical facts and allow ourselves to be captivated by the light melancholy of his songs, by that contemplative dimension that fills them with charm, and by a sweetness that transcends mere romanticism, burning with incapacity, loneliness, and yearning. Discovering or rediscovering Nick Drake is to immerse oneself in an inner journey, where a fragile, delicate soul reveals itself without pretense. The direct and immediate sincerity of this artist can be found in every one of his songs, and in this era of streaming, giant screens in packed stadiums, Drake's intimate dimension is a breath of fresh air, a rediscovery of the soul of things, without embellishment.
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