I nostri giorni sono contati, non possiamo permetterci di essere indolenti, agire in base a una cattiva idea è meglio che non agire affato, perché il valore dell’idea non è mai evidente finché non la metti in pratica, a volte questa idea può essere la più piccola del mondo, una piccola fiamma che proteggi con la mano e preghi che non venga spenta dalla tempesta che le imperversa intorno, se riesci a tenere accesa quella fiamma grandi cose possono essere costruite intorno ad essa, cose enormi, e potenti, e che possono cambiare il mondo, tutte nate dalla più piccola delle idee
Nick Cave
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Mi è venuta a trovare la morte portandosi via la mamma di mia moglie e subito mi è venuto in mente Nick l’Australiano. Lui la conosce bene e nella sua declinazione peggiore. Un fuoco, Nick Cave è un fuoco. All’epoca del suo terzo album solista, dopo i punkeggianti Birthday party, venne nella nebbia della bassa Padania a promuovere “Your funeral, my trial” in tour. Era un mitico localino il Ritz a Novellara, una serata umida e con un freddo da far gelare le ossa. Sul palco alle chitarre Blixa Bargeld e Kid Congo Power, al basso Mick Harvey, alla batteria non ricordo… Sono passati 30 anni e ho davanti, ogni canzone. Un massa incandescente e se ti avvicinavi sentendo veramente e con animo empatico il tuo cuore prima bruciava e poi si ustionava. Qualcuno nelle prime file gli strappò una catenina per portare a casa una reliquia della messa punk rock blues a cui assistevamo. Fermò il concerto e disse che la rivoleva. Qualche minuto di esitazione e ci risvegliammo dall’estasi pregando a gran voce gli venisse restituita: il rito doveva continuare: si levò un coro urlante e per fortuna la catenina tornò all’Australiano.
Benvenuti nel mondo di Nick Cave di cui si fatica a scrivere ed a parlare e per il sottoscritto difficile anche ascoltarlo. Piangono i muri con Nick Cave e si accendono i desideri, i corpi si scaldano, le mani si fanno bollenti e gli occhi scottano. Già vederlo ne “Il cielo sopra Berlino” di Wenders dava l’idea di un mezzo uomo, più angelo che uomo. Ne capitano raramente di artisti così e quando arrivano sul pianeta terra assai spesso non invecchiano divorati dall’ incendio di esistere. Nick Cave e le tentazione, il desiderio, il sesso che si respira e quasi cola dai diffusori ascoltando le sue canzoni, ne sentirete l’odore facendo attenzione e vedrete gli occhi, lo sfregare dei corpi, la perdita della ragione, i freni che si allentano. Districatevi tra le maglie della censura 😉
Nick Cave e la Bibbia da cui attinge a piene mani, Gesù, santi, profeti, la morte e la Resurrezione, l’amaro calice e la Croce. La morte purtroppo la conosce: uno degli amati figli è volato giù da un dirupo. Il dolore e l’abisso, quando il calor bianco della gioventù con i suoi eccessi sembrava domato e l’uomo sopravvissuto. Il libro sacro come metafora assoluta, al di là del credere o non credere, la Bibbia contenitore di tutte le vite, sunto di tutte le gioie e di tutte le sofferenze. Ne fa un disco cantando la perdita dell’amato figlio ed un documentario con alla regia Andrew Dominik (uno bravo). Trovatelo. Non sono mai riuscito ad ascoltare tutto l’album: è troppo.
Nick Cave e la luce che splende anche nell’abiezione, nella tenebra, anche dove sembra esserci solo fango, sporcizia e gelo. Il blues da cantare anche con le mani sporche, perché nel blues torna la consistenza tragica dell’esistenza umana, torna il vero, torna l’Olimpo con gli Dei.
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Nick Cave: rock, blues, ballads.
Our days are numbered, we cannot afford to be indolent, acting on a bad idea is better than not acting at all, because the value of the idea is never apparent until you put it into practice, sometimes that idea can be the smallest in the world, a small flame that you protect with your hand and pray that it will not be extinguished by the storm raging around it, if you can keep that flame burning great things can be built around it, things that are huge, and powerful, and that can change the world, all born from the smallest of ideas.
Nick Cave
Death came to me by taking my wife's mother away, and immediately Nick the Australian came to mind. He knows it well and in its worst declension. A fire, Nick Cave is a fire. At the time of his third solo album, after the punkish Birthday party, he came to the fog of lower Padania to promote "Your funeral, my trial" on tour. It was a legendary little venue the Ritz in Novellara, a damp, bone-chilling evening. On stage on guitars Blixa Bargeld and Kid Congo Power, on bass Mick Harvey, on drums I don't remember... It's been 30 years and I'm looking at it, every song. A glowing mass and if you approached really feeling and with empathetic soul your heart first burned and then burned. Someone in the front rows snatched a chain from him to take home a relic of the punk rock blues mass we were attending. He stopped the concert and said he wanted it back. A few minutes of hesitation and we awoke from ecstasy praying loudly for it to be returned to him: the ritual had to continue: a shouting chorus arose and fortunately the chain went back to the Australian.
Welcome to the world of Nick Cave that is hard to write and talk about and for yours truly hard even to listen to. Walls weep with Nick Cave and desires light up, bodies get hot, hands get hot and eyes get hot. Even seeing him in Wenders' "Heaven Above Berlin" gave the idea of a half-man, more angel than man. Rarely do such artists come along and when they arrive on planet earth very often they do not grow old devoured by the 'fire of existing. Nick Cave and the temptations, the desire, the sex you breathe in and almost drip from the speakers listening to his songs, you will smell it by paying attention and see the eyes, the rubbing of bodies, the loss of reason, the slackening brakes. Untangle the meshes of censorship 😉
Nick Cave and the Bible from which he draws heavily, Jesus, saints, prophets, death and Resurrection, the bitter cup and the Cross. Death unfortunately he knows: one of his beloved children flew off a cliff. The pain and the abyss, when the white heat of youth with its excesses seemed tamed and the man survived. The holy book as absolute metaphor, beyond belief or non-belief, the Bible container of all lives, summary of all joys and all sufferings. He makes a record of it singing about the loss of his beloved son and a documentary with Andrew Dominik (a good one) directing. Find it. I've never been able to listen to the whole album: it's too much.
Nick Cave and the light that shines even in abjection, in darkness, even where there seems to be only mud, dirt and frost. The blues to be sung even with dirty hands, because in the blues the tragic texture of human existence returns, the true returns, Olympus with the gods returns.
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