Per cosa vale la pena vivere? Non lo so, se lo sapessi ve lo rivelerei. Anzi: direi per il tai chi, per una chitarra Fender, una Harley Davidson e un Porsche gialla. Ma la Porsche è italiana? No? Tedesca? Ah… Ecco perché funziona.
Lou Reed
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C’è il nostro uomo in questa citazione, facciamone un’esegesi ubriaca di Muller Turgau che il vostro ha trangugiato in dosi eccessive prima di predisporsi a vergare disordinatamente queste parolibere. C’è la domanda esistenziale che ha infiammato l’artista e probabilmente è combustibile di molti dei musicisti cfin qui esplorati: per cosa vale la pena vivere? Who knows? Lou Reed si è spinto alle estremità di questa ricerca, navigando lidi di cupa disperazione, fin dall’adolescenza quando per i suoi atteggiamenti anticonfomisti la famiglia alto borghese da cui proveniva lo spedì in terapia psichiatrica dove fu sottoposto a feroci elettroshock. L’orrore a cui si accompagna sempre la domanda di senso, l’orrore nascosto dietro al sipario di rassicuranti convenzioni sociale.
Gli eccessi come chiave poetica di fine anni 60 e 70 (Walk on the wild side), da cui esce miracolosamente vivo. Violento, spigoloso, drogato, poco incline alla chiacchiera affabile e facile allo scontro ed al disprezzo, non immune dall’alzare le mani, come nella famosa rissa con Bowie, l’uomo è stato difficile. “Non lo so” è la risposta alla domanda esistenziale. “Anzi….” e qui continuiamo a conoscere meglio Lou, i suoi alti e bassi artistici, le vette poetiche e le latrine creative in cui si è cacciato con sorprendente frequenza. Complesso personaggio, vediamo per cosa dice valga la pena vivere. Diamo un contributo risolutivo al mio e di Mr Pian Piano “non so” e probabilmente anche al vostro.
Il Tai Chi, disciplina orientale che Lou Reed pratica dalla maturità fino a pochi giorni prima della morte, consolato dalla costante presenza della amatissima compagna degli ultimi anni, la magnifica Laurie Anderson (ne parleremo di lei bellissima anima). Quindi un praticante, tanto per smentire gli eccessi e le brutture delle decadi precedenti. Un artista con evidenti aspetti spirituali, rigorosamente celati. Una fender guitar e qui sia io che Mr Pian Piano inguaribili seguaci della Gibson storciamo il naso, ma va bene così se ne escono canzoni come quelle di Lou, digerire il nostro non è una passeggiata. Poi arrivano i brand a dare conforto alle nostre vite, la Harley Davidson e la Porsche, il mondo delle merci tanto caro ad Andy Warhol, amicissimo di Reed che è stato assiduo frequentatore della Factory dove tra droga, alcool, sesso e chi più ne ha più ne metta, non c’era pace per le carni e un eccesso rincorreva l’altro. Warhol firma la cover del primo album dei Velvet Underground, la band che aveva dato la fama al nostro eroe. Le merci, il mito delle cose, le automobili, le scatolette di zuppa Campbell, la Coca Cola, sono le icone simil religiose del mondo moderno e Reed ama sarcasticamente farsi celebrante alla messa del consumismo, proprio come Warhol, suo maestro per più di un aspetto, nei testi, nell’immagine e nel rapporto sfrontato e furbetto con i media.
Naturalmente la derisione a chiudere l’esegesi della nostra citazione. La Porsche che funziona perché tedesca e non Italiana e la domanda canzonatoria. Terrore di tutti i giornalisti musicali, spesso liquidati dopo la prima mezza domanda a male parole, eccetera, eccetera.. Come dite? La simpatia del personaggio è tale che preferite sedervi su un cactus piuttosto che sapere altro? Eh in parte comprendo, ma attenzione il nostro era contraddittorio, capace di slanci come solo un animo grande può intraprendere, ad esempio i testi del malinconico “Magic and Loss” dedicato alla morte di cari amici ai tempi della maledetta epidemia di HIV, per non dire del commosso omaggio ad Andy Warhol scritto insieme al vecchio compagno dei Velvet Underground John Cale. Alti e bassi, sali e scendi.
Lou Reed l’appassionato di letteratura con il disco dedicato ad Edgar Allan Poe (The Raven) ci spiazza ogni volta e restiamo impigliati nei suoi spigoli, nella sua innata capacità di cantare ogni cosa con rara efficacia e potenza espressiva, dalla città che ha sempre amato senza riserve New York, ai personaggi marginali e di strada, fino ad eroine del teatro di Alban Berg come Lulu insieme ai Metallica (!). Un artista radicalmente anticonformista capace di travolgerci con ore di feedback feroce con il suo concettuale “Metal Machine Music” o di cullarci in dolcissime ballate. Alti e bassi, sali e scendi.
Lou Reed ha smentito Lou Reed e la mitologia del personaggio costruita dai media e come Warhol ci è sfuggito di mano come una saponetta, lasciandoci incapaci di ogni giudizio e regalandoci il profumo eterno delle sue creazioni. Mr Pian Piano ha cucinato con rispetto una selezione dal repertorio solista di Lou. Il nostro cuoco dice (concordo pienamente)) che i Velvet sono altra cosa come suono e stile compositivo, per cui si è impegnato in oltre trent’anni di musica del nostro come solista. Due ore di Lou Reed sono a vostra completa disposizione: CLICCATE QUI per lasciarvi commuovere da ballate suadenti e risvegliare da violenti cazzotti rock. Ricordiamolo con riconoscenza, ha fatto la storia del rock e per salutarvi una chicca dei Velvet ce la ficco lo stesso anche se Mr Pian Piano non vuole, ma c’è anche….. Saludos Lou evviva la Porsche gialla!
Desiderate qualcosa di diverso dall’art rock di Lou Reed? Il jukebox di Mr Pian Piano con tutti i musicisti e le musiciste del nostro intrigante menù è come ogni domenica a vostra completa disposizione: classica, jazz, pop, rock e ambient sono lì ad aspettarvi. Se volete scoprire in dono altre monografie curate da Mr Pian Piano di decine e decine e decine (e decine) di superbi musicisti vi basta accomodarvi qui:
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Lou Reed: rock.
What is worth living for? I don't know; if I knew, I would reveal it to you. In fact, I would say for tai chi, for a Fender guitar, a Harley Davidson, and a yellow Porsche. But is the Porsche Italian? No? German? Ah... That's why it works.
Lou Reed
Let's embark on an exegesis of this quote, intoxicated by Muller Turgau, which yours truly gulped down in excessive doses before haphazardly penning these free words. There's the existential question that ignited the artist and is probably the fuel for many of the musicians explored so far: what is worth living for? Who knows? Lou Reed delved to the extremes of this quest, navigating shores of dark despair since adolescence when, due to his nonconformist attitudes, his upper-bourgeois family sent him to psychiatric therapy, where he underwent brutal electroshock. The horror that always accompanies the question of meaning, the horror hidden behind the curtain of reassuring social conventions.
Excess as the poetic key of the late 60s and 70s (Walk on the Wild Side), from which he miraculously emerged alive. Violent, angular, drug-infused, not inclined to friendly chatter and quick to conflict and disdain, not immune to raising hands, as in the famous brawl with Bowie, the man was challenging. "I don't know" is the answer to the existential question. "In fact..." and here we continue to get to know Lou better, his artistic highs and lows, the poetic peaks, and the creative cesspools into which he dove surprisingly frequently. A complex character, let's see what he deems worth living for. Let's contribute definitively to my and Mr. Pian Piano's "I don't know," and probably yours too.
Tai Chi, an oriental discipline that Lou Reed practiced from maturity until a few days before his death, consoled by the constant presence of his beloved companion in recent years, the magnificent Laurie Anderson (we'll talk about her, a beautiful soul). So, a practitioner, just to refute the excesses and ugliness of the previous decades. An artist with evident spiritual aspects, rigorously concealed. A Fender guitar, and here both I and Mr. Pian Piano, incurable followers of Gibson, wrinkle our noses, but it's okay if songs like Lou's come out of it; digesting ours is not a walk in the park. Then come the brands to comfort our lives, Harley Davidson and Porsche, the world of goods so dear to Andy Warhol, a close friend of Reed who was a frequent visitor to the Factory, where amid drugs, alcohol, sex, and whatnot, there was no peace for the flesh, and one excess chased another. Warhol signs the cover of the first album by the Velvet Underground, the band that brought fame to our hero. Goods, the myth of things, cars, Campbell soup cans, Coca Cola, are the quasi-religious icons of the modern world, and Reed sarcastically loves to officiate at the mass of consumerism, just like Warhol, his master in more than one aspect, in lyrics, in image, and in the brazen and cunning relationship with the media.
Of course, derision concludes the exegesis of our quote. The Porsche that works because it's German and not Italian and the mocking question. The terror of all music journalists, often dismissed after the first half-question with bad words, etc., etc... What's that? The character's likability is such that you'd rather sit on a cactus than know more? Well, partly I understand, but beware, ours was contradictory, capable of leaps as only a great soul can undertake, such as the lyrics of the melancholic "Magic and Loss" dedicated to the death of dear friends during the cursed HIV epidemic, not to mention the heartfelt tribute to Andy Warhol written together with the old Velvet Underground companion John Cale. Highs and lows, ups and downs.
Lou Reed, the literature enthusiast with the album dedicated to Edgar Allan Poe (The Raven), surprises us every time, and we get entangled in his angles, in his innate ability to sing everything with rare efficacy and expressive power, from the city he always loved unreservedly, New York, to marginal street characters, to heroines of Alban Berg's theater like Lulu with Metallica (!). A radically nonconformist artist capable of overwhelming us with hours of fierce feedback with his conceptual "Metal Machine Music" or of lulling us with sweet ballads. Highs and lows, ups and downs.
Lou Reed contradicted Lou Reed and the mythology of the character built by the media, and like Warhol, he slipped through our hands like a soap, leaving us incapable of any judgment and giving us the eternal fragrance of his creations. Mr. Pian Piano has respectfully cooked up a selection from Lou's solo repertoire. Our chef says (I fully agree) that the Velvet Underground is something else in terms of sound and compositional style, so he has committed to over thirty years of our hero's solo music. Two hours of Lou Reed are at your complete disposal: CLICK HERE to be moved by melodic ballads and awakened by powerful rock punches. Let's remember him with gratitude; he made rock history, and to bid you farewell, a gem from the Velvet Underground, even if Mr. Pian Piano doesn't want it, but there's also... Saludos Lou, long live the yellow Porsche!
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