Questa è una cosa che per me è sempre stata la differenza principale tra le arti dello spettacolo e l'essere un pittore. Un pittore fa un quadro, e fa un quadro - e questo è tutto. Ha avuto la gioia di crearlo, lo appende a un muro, qualcuno lo compra, qualcuno lo compra di nuovo, o forse nessuno lo compra, e rimane in un loft da qualche parte finché non muore. Ma nessuno ha mai detto a Van Gogh: "Dipingi di nuovo una notte stellata, amico!". Capisci? L'ha dipinta e basta.
Joni Mitchell
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La poesia che accompagna la voce di Joni Mitchell probabilmente non richiede parole o futili discorsi di contorno e la musica basterebbe per farsi racconto di bellezza e abbandono. Tuttavia il gioco imbastito su (((RadioPianPiano))) prevede che scriva due righe per raccontarvi di Joni e della magia che dal folk l’ha portata al jazz con alcuni sontuosi album dove l’incredibile bassista Jaco Pastorius ha dato probabilmente il meglio di sé come musicista. Parlare di Joni Mitchell significa infatti raccontare composizioni dove convergono la genialità dei migliori musicisti degli anni 70, ad iniziare da lei.
All’inizio degli anni 70 Joni è un’affermata protagonista di quella scena folk che ha prodotto figure come Bob Dylan. Lei è la celebre “Lady of the Canyon” con quella femminilità delicata, che improvvisamente si fa tagliente e dolente, malinconica e ariosa, sensuale e potente. C’è già nelle corde della Mitchell la capacità di padroneggiare un linguaggio, il folk, adattandolo alla propria sensibilità creativa. La maggioranza dei musicisti di solito si accasa in questa consapevolezza e sviluppa una poetica all’interno di un linguaggio che sente come proprio, ma non la Mitchell, che ha come persona un’irrequietezza di fondo, un’incontenibile spinta a creare e sperimentare con le parole come poetessa e con i pennelli come pittrice.
La vena lirica di Joni è intimistica e così sono i suoi testi e le sue poesie, ma le sue parole restano sempre ancorate a raffinate costruzioni musicali e ad un percorso che fin quasi agli anni 80 ha regalato capolavori ed incontri con grandi musicisti come Mingus, Peter Gabriel, Wayne Shorter, Herbie Hancock e appunto un indimenticabile Jaco Pastorius, qui secondo me ai suoi massimi. Nel mio personale (e opinabile) universo musicale non direi lo stesso di Bob Dylan, ricchissimo nelle sue liriche, ma che, fatte le debite eccezioni, a volte trovo arido e ripetitivo sul piano musicale. Altro aspetto interessante della Mitchell è il suo raccontare il desiderio e la sessualità, come in “All I want”, in modo esplicito e diretto, dando voce all’universo femminile. Joni ha sempre rifiutato di identificarsi con il femminismo, ma è innegabile che le sue musiche ed i suoi testi siano racconti che ridefiniscono la donna ed i ruoli in cui era intrappolata nell’immaginario sociale di quegli anni. Lei stessa come donna musicista che dirige e tiene in pugno l’ego di colleghi maschi è indubbiamente un esempio di donna che ha saputo tenere in pugno la propria esistenza, è stata artefice di se stessa. Non poco anche oggi, visto i continui richiami vaticani a far figli, a non aver animali in casa, a questo e a quello. C’è sempre chi ha precetti morali da distribuire…Agli altri.
La voce della Mitchell non è mai solo strumento funzionale alle liriche ed alla narrazione che ne emerge, ma sa farsi appunto strumento e questo lo si coglie con particolare evidenza negli album dove il jazz diventa il linguaggio centrale della Mitchell, qui le timbriche del basso che avvolgono l’ascoltatore sono attraversate dalla voce di Joni su piani e registri diversi, creando un amalgama sonoro di splendente bellezza intatto dopo 50 anni. Joni ha saputo passare dalle ballate folk con il loro svolgimento breve, semplici e liriche, alle lunghe improvvisazioni jazz, alla scrittura insieme ad un gigante come Mingus, conservando però sempre una particolare freschezza e restando fedele alla propria poetica. Dite poco?
Pur dopo i validissimi dischi folk, di cui è d’obbligo ricordare “Blue” per la potente malinconia e la dolente poetica che lo anima, la Mitchell con Hejira apre quella collaborazione magnifica con Jaco Pastorius che ne trasforma le sonorità e le apre orizzonti musicali prima assenti, come il jazz e la fusion. Il superbo “Hejira” (1976) al quale sarebbero seguiti “Don Juan’s Reckless Daughter” (1977) e “Mingus” (1979) dove prende forma la collaborazione con il grande jazzista che dà il titolo all’album per arrivare al doppio live “Shadows And Light”. Sono tutte registrazioni che ci regalano un’artista matura e calata nella musica come nelle liriche con evidente sicurezza e maturità artistica. Una dea.
Joni Mitchell dipinge con le sue canzoni un quadro variegato e ricco, lontano da luoghi comuni di qualsiasi genere ed è capace di muoversi tra linguaggi diversi dal folk al jazz fino ad un pop raffinato negli anni 80. CLICCATE QUI per fare un viaggio sonoro insieme alla Lady of the Canyon, tra atmosfere diverse, arrangiamenti essenziali per sola chitarra acustica e altri sontuosi e ricchi, improvvisati secondo costruzioni tipicamente jazz o attraversando l’immediatezza di dolci canzoni pop. O godetevi qui il web player.
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Joni Mitchell: folk, other.
That's one thing that's always, like, uh, the major difference between the performing arts to me, and being a painter, you know. Like, a painter does a painting, and he does a painting — and that's it, you know. He’s had the joy of creating it, and he hangs on a wall, and somebody buys it, somebody buys it again, or maybe nobody buys it, and it sits up in a loft somewhere until he dies. But he’s never, you know, nobody ever says to him, you know, nobody ever said to Van Gogh, 'Paint a Starry Night again, man!' You know? He painted it, and that was it.
Joni Mitchell
The poetry that accompanies Joni Mitchell's voice probably doesn't require words or futile side discussions, and the music alone would be enough to tell a story of beauty and abandonment. However, the game set up on (((RadioPianPiano))) requires me to write a few lines to tell you about Joni and the magic that took her from folk to jazz with some sumptuous albums where the incredible bassist Jaco Pastorius probably gave his best as a musician. Talking about Joni Mitchell means telling of compositions where the genius of the best musicians of the '70s converges, starting with her.
At the beginning of the '70s, Joni was an established protagonist of the folk scene that produced figures like Bob Dylan. She is the famous "Lady of the Canyon" with that delicate femininity, which suddenly becomes sharp and painful, melancholic and airy, sensual and powerful. Already within Mitchell's strings, there is the ability to master a language, folk, adapting it to her own creative sensibility. Most musicians usually settle into this awareness and develop a poetics within a language they feel as their own, but not Mitchell, who, as a person, has an underlying restlessness, an uncontrollable drive to create and experiment with words as a poet and with brushes as a painter.
Joni's lyrical vein is intimate, and so are her texts and poems, but her words always remain anchored to refined musical constructions and to a path that, until almost the '80s, has given masterpieces and encounters with great musicians like Mingus, Peter Gabriel, Wayne Shorter, Herbie Hancock, and indeed an unforgettable Jaco Pastorius, here, in my opinion, at his peak. In my personal (and debatable) musical universe, I wouldn't say the same about Bob Dylan, rich in his lyrics but, with due exceptions, sometimes find him dry and repetitive on the musical level. Another interesting aspect of Mitchell is her way of narrating desire and sexuality, as in "All I Want," explicitly and directly, giving voice to the female universe. Joni has always refused to identify with feminism, but it is undeniable that her music and lyrics are stories that redefine women and the roles they were trapped in within the social imagination of those years. She herself, as a female musician who directs and controls the egos of male colleagues, is undoubtedly an example of a woman who has managed to hold her own life in her hands, being the architect of herself. Not a small thing even today, given the continuous Vatican calls to have children, not to have animals at home, and so on. There is always someone with moral precepts to distribute... to others.
Mitchell's voice is never just a functional instrument to the lyrics and the narrative that emerges, but it becomes an instrument itself, and this is particularly evident in the albums where jazz becomes Mitchell's central language. Here, the bass tones that envelop the listener are crossed by Joni's voice on different planes and registers, creating a sound amalgam of splendid beauty that remains intact after 50 years. Joni has managed to move from short, simple, and lyrical folk ballads to long jazz improvisations, writing together with a giant like Mingus, always preserving a particular freshness and staying true to her poetics. Not a small feat, right?
Even after the very valid folk albums, of which "Blue" must be remembered for its powerful melancholy and sorrowful poetics that animate it, Mitchell, with "Hejira," opens that magnificent collaboration with Jaco Pastorius that transforms her sound and opens musical horizons previously absent, such as jazz and fusion. The superb "Hejira" (1976), followed by "Don Juan’s Reckless Daughter" (1977) and "Mingus" (1979), where the collaboration with the great jazz musician who gives the album its title takes shape, leading to the double live album "Shadows And Light." These are all recordings that give us a mature artist deeply immersed in music as in lyrics with evident artistic confidence and maturity. A goddess.
Joni Mitchell paints a varied and rich picture with her songs, far from clichés of any kind, capable of moving between different languages—from folk to jazz to refined pop in the 80s. CLICK HERE to take a sonic journey with the Lady of the Canyon, among different atmospheres, essential arrangements for solo acoustic guitar, and others that are sumptuous and rich, improvised according to typical jazz structures, or traversing the immediacy of sweet pop songs. Or enjoy here the web player.
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Grazie Enrico, mi sono catapultato su Spotify per un ascolto attento.