Non faccio preferenze tra le persone. La mia filosofia di base è che l'unico modo per migliorare il mondo è portare qualcosa di bello a ogni singola persona che incontri in ogni momento della giornata, quindi come puoi favorire qualcuno?
Io girovago, ascolto molta musica, vado a molti concerti. E quando vedo qualcuno che mi entusiasma, cerco di fare uno sforzo per coinvolgerli in qualche modo in ciò che sto facendo o per farmi coinvolgere in ciò che stanno facendo loro.
John Zorn
Esiste una silenziosa linea di difesa.
Riccardo Giannitrapani
Nel faticoso dissolversi di ogni sicurezza, cammino a cui siamo costretti dal 2020 con la pandemia, i morti e la dolorosa chiusura delle scuole che ha scosso così tanti giovani e adolescenti, siamo ora di fronte al disfacimento della pace. Sembra non ci sia tregua in questo sbriciolare aspettative di normalità. Assistiamo ad un crescendo di possibilità scontatefino a pochi anni fa, improvvisamente dissolte, libertà a poco prezzo ora da pagare a peso d’oro, ansie riposte in soffitta ora a tavola con noi ogni giorno. Al contempo aleggia in occidente un vento forte di inconsapevolezza, scontatezza, come se quel che accade altrove sia lontano e non ormai sotto casa, come se la libertà sia una datità, mentre non è mai stata minacciata come ora. Le guerre ed i conflitti si moltiplicano, le vittime innocenti, l’odio, la rabbia ed il risentimento.
La fatica si fa largo, il sonno disturbato, il mattino stanco e la promessa mantenuta di un ingarbugliarsi sempre peggiore e crudele si realizza. Dopo Brahem il tunisino introspettivo, il Maestro di oud, oggi ci immergiamo nella cultura ebraica a cui appartiene il mostruosamente prolifico ed esplosivo John Zorn, l’uomo che sforna spartiti come i fornai pagnotte, ama Morricone e lo omaggia a più riprese, e quel che sorprende pur nella gran quantità la sua è musica di altissima qualità. Brahem e Zorn due caratteri e attitudini assai diverse. Nell’arte però abita essenzialmente la ricerca della bellezza meravigliosa dove l’altro, la cultura diversa, è luogo di scoperta e meraviglia, contaminazione e ibridazione. Un’attitudine che stiamo perdendo fuori dal contesto artistico nella tentazione dilagante di fare della violenza il discorso prevalente, violenza che parte appunto dalla negazione dell’altro, dalla volontà di dominio, dalla necessità di cancellarne l’esistenza, sfregiarne i resti, disperderne le spoglie. Dunque la musica, l’arte in genere, sono oggi preziosi più che mai nella loro inutilità mostrano un approccio diametralmente opposto a quello che vediamo tristemente dispiegarsi giorno dopo giorno.
La caratteristica unica di John Zorn e è la varietà, la spinta a reinventarsi in ogni disco, costruendo un repertorio monumentale che è talmente eclettico da disorientare l’ascoltatore. Il klezmer ovvero la musica popolare ebraica ha più influenzato profondamente la creatività di John Zorn, capace di reinterpretare la tradizione attraverso il jazz. Il gruppo con cui Zorn ha esplorato con maggior cura la tradizione musicale ebraica sono i Masada assieme al trombettista Dave Douglas, al contrabbassista Greg Cohen e al batterista Joey Baron: magnifici musicisti. I Naked City sono indubbiamente il gruppo più famoso di John Zorn con musicisti stimatissimi: Wayne Horvitz alle tastiere, Bill Frisell alla chitarra, Fred Frith al basso, Joey Baron alla batteria e occasionalmente alla voce Yamatsuka Eye. Non ci sono i loro dischi su spotify e così non li troverete nella playlista, ma sono forse i più lontani anche dalla musicalità ebraica evidentissima con i Masada. Ho avuto la fortuna di vederli dal vivo più di 30 anni fa e vederli suonare è stato un privilegio.
Vi propongo qui molte partiture zorniane suonate da musicisti sempre di grandissima levatura, come Pat Metheny ad esempio e spero di farvi comprendere lo spirito eclettico di Zorn, che come sapete è anche un po’ il mio pallino e credo di poter dire si tratti di un viaggio sonoro variegato e ricco di momenti lirici. Certo una musica non facile, ma ogni tesoro chiede dedizione, ascolto, impegno, costanza. Non è la fretta che malauguratamente ci fa scambiare un vetro colorato per una gemma rara?
Ho cercato in queste due domeniche, nel mio solito modo maldestro, di immergervi nei suoni di due musicisti che in modi diversissimi interpretano le loro tradizioni, islamica ed ebraica, con la presunzione di darvi in pasto bellezza, di render chiaro come ci siano altre dimensioni al di là di polemica, rabbia, odio, violenza e orrore. Un sasso certamente inutile, gettato in uno stagno che sempre più ribolle di un sinistro desiderio di autodistruzione. Eppure l’arte e la musica raccontano sempre un’altra storia e proprio a questi sapori di inebriante bellezza, sia per Brahem domenica scorsa e ora con Zorn, mi aggrappo come ad un salvagente..
Lungi da me l’idea di fornirvi un viaggio esaustivo nella musica di Zorn, uno che ha pubblicato centinaia di dischi in modo compulsivo, su spotify tra l’altro mancano i dischi dei Naked City e mi sono principalmente focalizzato sulle composizioni che dialogano con la tradizione ebraica, perché era quello il discorso che mi stava a cuore. Obiettivo era incuriosirvi, spingervi a navigare l’autore americano ora a spasso per l’Italia per una serie di concerti ed ho già un biglietto in tasca per andare ad esplorare cosa combinerà il ragazzaccio arrivato ai 70 anni. CLICCATE QUI per scoprire come una tradizione, in questo caso quella ebraica possa diventare il terreno per continue invenzioni e innestarsi nel flusso della musica contemporanea.
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John Zorn: jazz, contemporary music.
I don't play favorites with people. My basic philosophy is that the only way to make the world a better place is by bringing something beautiful to every single person you run into at every moment of the day, so how can you play favorites with somebody?
I run around, I listen to a lot of music, go to a lot of concerts. And when I see someone that gases me, I try to go out of my way to involve them somehow in what I'm doing or get involved in what they're doing.
John Zorn
It exists a silent line of defense.
Riccardo Giannitrapani
In the exhausting dissolution of every sense of security, a path we've been forced into since 2020 with the pandemic, the loss of lives, and the painful closure of schools that has shaken so many young people and adolescents, we are now facing the unraveling of peace. It seems like there's no respite in this crumbling of expectations of normalcy. We witness a growing number of taken-for-granted possibilities suddenly dissolving, freedom that was once cheap now comes at a high price, anxieties previously tucked away in the attic now sit at the table with us every day. At the same time, in the Western world, there's a strong wind of unawareness, a sense of complacency, as if what's happening elsewhere is distant and not now right on our doorstep. It's as if freedom is something given, when, in fact, it has never been threatened like it is now. Wars and conflicts multiply, innocent victims, hatred, anger, and resentment.
Fatigue sets in, sleep is disrupted, the morning feels weary, and the promise of an increasingly tangled and cruel entanglement is fulfilled. After the introspective Tunisian Brahem, the oud master, today we delve into Jewish culture to which the monstrously prolific and explosive John Zorn belongs – a man who churns out scores like bakers do loaves of bread. He loves Morricone and pays tribute to him repeatedly, and what's surprising, even in the vast quantity, is the exceptionally high quality of his music. Brahem and Zorn have very different personalities, but in art, the essential element is the search for wonderful beauty where the other, the different culture, becomes a place of discovery and wonder, contamination, and hybridization.
It's an attitude we are losing outside of the artistic context, in the rampant temptation to make violence the prevailing discourse. This violence starts precisely with the denial of the other, the desire for dominance, the necessity to erase their existence, scar their remains, and scatter their ashes. Therefore, music, art in general, are more precious than ever today. In their uselessness, they demonstrate an approach diametrically opposed to what we sadly see unfolding day after day.
John Zorn's unique characteristic is his variety and the constant drive to reinvent himself on every album, creating a monumental repertoire that is so eclectic it can disorient the listener. Klezmer, the traditional Jewish folk music, has deeply influenced John Zorn's creativity, allowing him to reinterpret this tradition through jazz.
The group with which Zorn has most carefully explored the Jewish musical tradition is Masada, along with trumpeter Dave Douglas, bassist Greg Cohen, and drummer Joey Baron – all magnificent musicians. Naked City is undoubtedly John Zorn's most famous group, featuring highly respected musicians such as Wayne Horvitz on keyboards, Bill Frisell on guitar, Fred Frith on bass, Joey Baron on drums, and occasionally on vocals, Yamatsuka Eye. Their albums might not be available on Spotify, but they are perhaps the farthest from the clearly Jewish musicality of Masada.
You were fortunate to see them perform live more than 30 years ago, which was truly a privilege.
I'm here to offer you many Zornian scores performed by musicians of the highest caliber, such as Pat Metheny, to help you understand the eclectic spirit that, as you know, is a bit of my passion. I believe I can say that it's a diverse and rich sonic journey filled with lyrical moments. Certainly, it's not easy music, but every treasure demands dedication, listening, effort, and perseverance. Isn't it haste that unfortunately makes us mistake colored glass for a rare gem?
In these two Sundays, in my usual clumsy way, I've tried to immerse you in the sounds of two musicians who, in very different ways, interpret their Islamic and Jewish traditions. I've done so with the presumption of presenting you with beauty, of making it clear that there are other dimensions beyond controversy, anger, hatred, violence, and horror. It's like tossing a stone, certainly useless, into a pond that increasingly boils with a sinister desire for self-destruction.
Far from me the idea of providing you with a comprehensive journey into Zorn's music; he has released hundreds of albums compulsively. Furthermore, on Spotify, the albums of Naked City are missing. I primarily focused on compositions that engage with the Jewish tradition because that was what I cared about. The goal was to pique your curiosity, to encourage you to explore the American author who is currently touring Italy for a series of concerts. I already have a ticket in my pocket to see what the mischievous guy who has reached the age of 70 will come up with.
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“Un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentriche che si allargano sulla superficie, coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse, con diversi effetti, la ninfea e la canna, la barchetta di carta e il galleggiante del pescatore… Non diversamente una parola, gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e di profondità, provoca una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni e immagini, analogie e ricordi, significati e sogni…” così Rodari, qui il cerchio è arrivato e per questo ti sono grato. L'arte ci salverà.
Hola , Fascinante Relato Sobre La Música Judía , Llevo Años Comprando La Música De John Zorn Y El Maestro Dave Douglas , Dos Genios. Me Gustaría Recomendar A Dos Increíbles Músicos Muy Desconocidos Para El Público En General: El Español Raúl Rodríguez Y Su Álbum La Razón Eléctrica 2023 Y Al Musico Alemán - Palestino Pharoah Chromium Y Su Álbum Gaza. Un Saludo.