Quando sono sul palco, cerco di fare una cosa: portare gioia alle persone. Proprio come fa la chiesa. La gente non va in chiesa per trovare problemi, ma per perderli.
James Brown
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Partiamo dal reverendo James Brown così come è stato immortalato non a caso da John Landis nel leggendario “The Blues Brothers”, perché nel nostro musicista di oggi abitava un magnetismo soprannaturale ed il personaggio era indubbiamente in bilico tra il diavolo e l’acquasanta: perfetto per la nostra rubrica! Siamo o no anche noi santi e peccatori?
Come tutti i religiosi che si rispettino il nostro uomo aveva alle spalle anche una parentesi criminale, finita con tre anni di riformatorio per rapina a mano armata a cui possiamo aggiungere un’esperienza sportiva come pugile e giocatore di baseball, tanto per dare una genesi all’esplosiva presenza sul palco di James, alla sua inarrivabile energia, a quel sudore che lo ricopriva integralmente al termine di ogni esibizione. The Godfather of Soul è stato un uomo di colore nell’America del razzismo peggiore, tutt’altro che debellata, anzi rifiorita con il maleodorante trumpismo dei nostri giorni. L’America che non concedeva i camerini agli artisti di colore, costringendoli a cambiarsi in auto (se solo ci penso mi si chiude lo stomaco). Mescolate gli ingredienti di una rabbia alla nitroglicerina in un’epoca infiammabile ed ecco a voi sul palco Mr Dynamite. Un uragano.
A fulminare Brown sulla via della musica all’età di dieci anni è stato proprio un reverendo, Padre Bishop Manuel “Daddy” Grace, predicatore itinerante assai popolare tra le comunità nere negli anni Cinquanta. James impara da lui l’agilità scenica fatta di riccioli, unghie luccicanti, mantelli e abiti sfarzosi, e la capacità di tenere in pugno i fedeli con rituali gospel a metà tra il parlato e il cantato, i cui crescendo musicali culminavano in un grido liberatorio, espressione di un dolore spirituale per la condizione di segregazione in cui viveva la comunità afroamericana. Eccolo ancora dal vivo alla TV di Stato nostrana, la RAI, quando aveva ancora un senso pagare il canone: m o s t r u o s o.
James Brown è sesso, sudore, umori, odori, sapori, non cerca mai di ricreare la patina di raffinatezza degli artisti Motown, non cerca di essere accettato dal mercato; punta a un contatto viscerale e rituale con il pubblico. James sapeva che quelli che venivano a vederlo volevano spesso dimenticare una giornata faticosa o un’infernale settimana, e per loro metteva in piedi uno spettacolo che ripuliva la mente da tutti i rottami. Era un costruttorer di fede, fede nel senso di gioire dell’esistenza, celebrarne la bellezza, l’energia, l’unicità.
Lo amo per questo, per il fuoco che lo abitava, l’amore per il pubblico, il concerto come rituale catartico, anche per fermare la violenza, come subito dopo l’omicidio di Martin Luther King. James ha dato un contributo decisivo per fermare la probabile esplosione di disordini razziali parlando al suo pubblico ai concerti proprio in quei giorni. Mr Dynamite attivo per cause umanitarie, attento a non sterilizzare la musica black, ma ad esaltarne la fisicità, il ritmo, l’erotismo crudo, a sbattere in faccia ai bianchi la forza irrefrenabile del soul e del funk, estranea a melodie da visi pallidi. Questo suo essere “schietto”, il non diluire il suono black ne fa un riferimento per artisti completamente diversi, Mick Jagger degli Stones ad esempio ne comprende bene la grandezza e studia James come maestro di fisicità sul palco o Miles Davis che vede nel funky e nel parossismo ritmico una via per infettare il jazz e traghettarlo fuori dal be-bop.
Allora andiamo in cucina ragazzi e ragazze, vi propongo quasi due ore di James Brown per un’orgiastica domenica di ritmo, danze e follie varie a vostra scelta: CLICCATE QUI per ubriacarvi di musica e ripercorrere la genesi della musica nera che ha fatto il pop ed il rock contemporaneo. James Brown è uno dei fondamenti ineludibili della musica moderna e soprattutto ha portato il blues ed il soul nel fuoco del ritmo, arroventandolo di una fisicità di cui è ancora esclusivo custode. Sangue bollente come nessuno mai.
Desiderate qualcosa di diverso dal tarantolato James Brown? Il jukebox di Mr Pian Piano con tutti i musicisti e le musiciste del nostro intrigante menù è come ogni domenica a vostra completa disposizione: classica, jazz, pop, rock e ambient sono lì ad aspettarvi. Se volete scoprire in dono altre monografie curate da Mr Pian Piano di decine e decine e decine (e decine) di superbi musicisti vi basta accomodarvi qui:
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James Brown: black music.
When I’m on stage, I’m trying to do one thing: bring people joy. Just like church does. People don’t go to church to find trouble, they go there to lose it.
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James Brown
We start with the Reverend James Brown as he was immortalized not surprisingly by John Landis in the legendary "The Blues Brothers," because a supernatural magnetism dwelled in our musician of today and the character was undoubtedly poised between the devil and the holy water: perfect for our column! Are we also saints and sinners or not?
Like all self-respecting religionists our man also had a criminal background behind him, which ended with three years in reform school for armed robbery to which we can add a sports experience as a boxer and baseball player, just to give a genesis to James' explosive stage presence, his unmatched energy, that sweat that covered him integrally at the end of each performance. The Godfather of Soul was a black man in the America of the worst racism, far from eradicated, indeed flourishing again with the malodorous Trumpism of our day. The America that would not grant dressing rooms to black artists, forcing them to change in their cars (if I only think about it my stomach closes). Mix the ingredients of a nitroglycerin rage in a flammable age and there you have Mr Dynamite on stage. A hurricane.
Electrocuting Brown on the path to music at the age of ten was a reverend himself, Father Bishop Manuel "Daddy" Grace, an itinerant preacher who was very popular among black communities in the 1950s. James learned from him the stage agility made up of curls, glittering nails, capes and sumptuous robes, and the ability to hold the faithful in thrall with gospel rituals somewhere between spoken and sung, whose musical crescendos culminated in a liberating cry, an expression of spiritual pain at the condition of segregation in which the African American community lived. Here he is again live on our state TV, RAI, when it still made sense to pay the licence fee: monstrous.
James Brown is sex, sweat, moods, smells, tastes; he never tries to recreate the patina of sophistication of Motown artists, he does not try to be accepted by the market; he aims for a visceral, ritualistic contact with the audience. James knew that those who came to see him often wanted to forget a tiring day or a hellish week, and for them he put on a show that cleansed the mind of all the junk. He was a faith builder, faith in the sense of rejoicing in existence, celebrating its beauty, its energy, its uniqueness.
I love him for that, for the fire that inhabited him, the love for the audience, the concert as a cathartic ritual, even to stop violence, as immediately after Martin Luther King's assassination. James was instrumental in stopping the likely outbreak of racial unrest by speaking to his audiences at concerts in those very days. Mr. Dynamite active for humanitarian causes, careful not to neuter black music, but to enhance its physicality, rhythm, raw eroticism, to shove the irrepressible force of soul and funk, alien to pale-faced melodies, in white faces. This "outspokenness" of his, the non-diluting of the black sound, makes him a reference for completely different artists, Mick Jagger of the Stones for example understanding his greatness well and studying James as a master of physicality on stage or Miles Davis who saw in funk and rhythmic paroxysm a way to infect jazz and ferry it out of be-bop.
So let's get in the kitchen boys and girls, I propose almost two hours of James Brown for an orgiastic Sunday of rhythm, dancing and various follies of your choice: CLICK HERE to get drunk on music and trace the genesis of black music that made contemporary pop and rock. James Brown is one of the inescapable foundations of modern music and above all he brought blues and soul into the fire of rhythm, red-hot with a physicality of which he is still the exclusive custodian. Boiling blood like no one ever has.
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