Non ho mai detto di essere un inventore nella musica. Sono e voglio essere un esecutore di sensazioni mie, che prendono corpo grazie alla musica che scrivo.
Ho sprecato una grande parte della mia vita durante gli inizi degli anni 80 quando cominciava diffondersi quest'epidemia (HIV). Ero un tossicodipendente e un egocentrico. Avevo gente che mi moriva a destra, a sinistra, e tutt'intorno a me, i miei amici. Eppure non mi sono fermato. Ero consumato da cocaina, alcol e chissà cos'altro.
Elton John
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Keith Richards degli Stones commentando una sua incisione con Aretha Franklin osservava la differenza tra cantanti che si dedicano esclusivamente al canto e chi invece è abituato a cantare accompagnandosi al pianoforte, in termini di musicalità, ritmo e stile. Credo abbia ragione assai assai e con Elton John siamo indubbiamente di fronte ad un artista che quando canta e costruisce un brano dialoga parallelamente con il suo strumento d’elezione, il pianoforte appunto. Su (((RadioPianPiano))) un mostro sacro nella storia del pop, una voce inconfondibile, un uomo che ha espresso attraverso uno strumento popolare come la canzone emozioni e vissuti anche amari, facendo della canzone un diario esistenziale e mettendosi spesso a nudo senza compromessi.
Elton John ha dichiarato questa settimana di aver ormai perso la vista e mi sembrava quindi il momento di proporvi la sua musica luminosa anche quando racconta morte, solitudine, derive esistenziali e malattia. Sapori amari che l’artista inglese conosce bene tra stupefacenti, alcolici ed eccessi vari, dopo una giovinezza passata tra l’incomunicabilità di un padre anafettivo e distante, oppressivo e alla fine assente. Reginald Kenneth Dwight ovvero Elton John viene infatti da un’infanzia profondamente infelice, il padre emotivamente arido estraneo all’immaginario di Elton, rigido e che vedeva nel figlio un corpo estraneo alla sua idea di ordine, decenza e bellezza, sviluppando nel giovanissimo Elton sofferenza e bisogno di conferme.
Elton John ha lavorato sempre alle musiche delle sue canzoni collaborando con diversi parolieri per costruire i testi delle sue canzoni, anche se la collaborazione con Bernie Taupin per durata e spessore poetico dei testi emerge con forza tra le altre. L’esprimere le proprie emozioni utilizzando esclusivamente la musica e lasciando appoggiare le parole ad un tessuto compositivo su cui si era concentrato in precedenza, rende il suo lavoro particolarmente robusto musicalmente facendone un pilastro di quel pop britannico che dai Beatles in poi ha saputo elevare la canzone a forma espressiva alta, capace di esprimere le tensioni contemporanee ed essere arte andando oltre l’intrattenimento, ingrediente irrinunciabile per il pop.
Certo c’è anche molta maniera nel lavoro di Elton John, interi scatoloni di canzoni inutili uguali ad altre, un’esagerazione e una riproposizione di moduli compositivi finalizzati a piazzare il singolo in classifica, tanta cartaccia in cui è facile perdersi, soprattutto tra gli anni 80 ed i 90 del secolo scorso. Un uomo Elton John evidentemente compresso e poi esploso in una marea di contraddizioni ed in un bisogno ossessivo di successo, che però ha prodotti brani memorabili come questa “Madman across the Water” dove si apprezza sia la musica sia una capacità interpretativa evidentemente fuori dal comune.
Arriviamo ai giorni nostri con i dischi prodotti da T-Bone Burnett che segnano un ritorno ad un linguaggio più essenziale e quindi più efficace in termini poetici segnando una terza età per Elton John significativa e capace di abbandonare una vuota maniera e tornare alle radici del suo personale blues. CLICCATE QUI per viaggiare nel mondo pieno di colori e contraddizioni di Elton John, vi ho cucinato una lunga playlist, sto perdendo il gusto per l’essenza? Buon ascolto, vi lascio con un magnifico duetto tra Kate Bush ed Elton John. Poesia.
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Elton John: pop
I have never claimed to be an inventor in music. I am and want to be a performer of my own feelings, which take shape through the music I write.
I wasted a large part of my life in the early 80s when this epidemic (HIV) began to spread. I was a drug addict and egocentric. I had people dying to my right, to my left, and all around me—my friends. Yet, I didn’t stop. I was consumed by cocaine, alcohol, and who knows what else.
Elton John
Keith Richards of the Stones, commenting on one of his recordings with Aretha Franklin, noted the difference between singers who focus exclusively on singing and those accustomed to singing while accompanying themselves on the piano. The comparison touches on musicality, rhythm, and style. I believe he’s absolutely right, and with Elton John, we are undoubtedly in the presence of an artist who, when singing and crafting a song, simultaneously dialogues with his instrument of choice: the piano. On (((RadioPianPiano))), we celebrate a sacred monster in the history of pop, an unmistakable voice, a man who has conveyed emotions and even bitter experiences through the popular medium of song—turning it into an existential diary, often laying himself bare without compromise.
On (((RadioPianPiano))), we celebrate a sacred monster in the history of pop, an unmistakable voice, a man who has conveyed emotions and even bitter experiences through the popular medium of song—turning it into an existential diary, often laying himself bare without compromise.
Elton John declared this week that he has now lost his vision, and it seemed fitting to revisit his luminous music, even when it narrates death, solitude, existential drift, and illness. These bitter flavors are ones the English artist knows well—from drugs, alcohol, and excesses—after a youth spent grappling with the incommunicability of an emotionally distant, oppressive, and ultimately absent father. Reginald Kenneth Dwight, a.k.a. Elton John, came from a profoundly unhappy childhood. His emotionally arid father was alien to Elton’s imagination—rigid, seeing his son as a stranger to his own ideas of order, decency, and beauty—instilling in the young Elton both suffering and a deep need for validation.
Elton John has always worked on the music for his songs, collaborating with various lyricists to create the lyrics. Among these, his partnership with Bernie Taupin stands out for its longevity and the poetic depth of the texts. By expressing his emotions exclusively through music and allowing the words to rest on a pre-existing compositional structure, his work becomes particularly robust musically, making him a pillar of that British pop tradition that, since the Beatles, has elevated song to a high expressive form—capable of reflecting contemporary tensions and achieving artistry beyond mere entertainment, an essential ingredient for pop.
Of course, there’s also a lot of formulaic material in Elton John’s work: entire boxes of songs that are redundant or similar to others, a repetition of compositional patterns designed to place singles on the charts—plenty of filler that’s easy to get lost in, especially during the 80s and 90s. Elton John has often been a man compressed and then exploded in a sea of contradictions, driven by an obsessive need for success. Yet, he produced memorable tracks, such as “Madman Across the Water,” where one can appreciate both the music and an interpretative ability that is clearly extraordinary.
In recent times, the albums produced by T-Bone Burnett mark a return to a more essential, and therefore more effective, poetic language. They highlight a significant third act for Elton John, where he moves beyond empty formulae and returns to the roots of his personal blues.
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