L'arte non può essere moderna. L'arte è primordialmente eterna.
Attualmente osservo soprattutto il movimento fisico delle montagne, dell'acqua, degli alberi e dei fiori. Ovunque ci si ricorda di movimenti simili nel corpo umano o di impulsi simili di gioia e sofferenza nelle piante.
Egon Schiele
In una stralunata e fin troppo protratta postmodernità, un branco di tristi “intellettuali” è impegnato nel costruire narrazioni moralisticheggianti dove le fiabe vanno corrette ed edulcorate anche in Italia, ricostruite e alterate, come accaduto a Roald Dahl, per non ferire nessuno e riscritte per cancellare quelli che superficialmente appaiono come stereotipi da combattere. Maledette favole tradizionali infestate di immaginarie trappole per grandi e piccini che ne condizioneranno la vita a venire rovinandoli!
Andare incontro ad Egon Schiele è una boccata d’aria fresca rispetto alle stantie stanze in cui si elaborano bislacche teorie del genere. Schiele, l’uomo che ha fatto dell’erotismo un tema costante nella sua opera, sbatte in faccia al perbenismo borghese i fremiti delle sue figure. Non è la “cura ideale” per chi cerca la giusta misura morale d’ogni cosa? Il corpo, i capelli, i capezzoli, i genitali, le mani torte, le braccia rovesciate, le gambe accavallate, unite, intrecciate tagliano il fiato, le parole e le ridicole costruzioni di deboli pensieri. Il corpo luogo del vero ineludibile, sbeffeggia chi acrobaticamente si aggrappa alle parole, ad una presunta etica per tagliare e censurare in nome della riedizione di stantie ideologie, sprofondando e volendoci far sprofondare nella muffa dell’autoritarismo. I corpi di Schiele al contrario spalancati al desiderio bruciano di libertà selvaggia. E verità.
Il sesso è per Schiele il fuoco in cui incenerire queste finzioni già in fiamme mentre l’Europa si incamminava verso il suo primo conflitto mondiale impantanandosi nel sangue di una carneficina folle. Nel calore degli abbracci, negli spigoli ossuti delle sue figure nude si resta impigliati con gli occhi perché testimoniano la pulsione di andare oltre, sfondando ogni convenzione, come nei racconti più scabrosi di Bataille. Mentre l’intero Impero Asburgico scricchiolava sinistramente e tutto sprofondava in un crepuscolo sempre più buio, Schiele, protetto da Klimt, si spinge all’estremità, si fa sbattere in galera dopo una denuncia con l’accusa di aver avuto una relazione con una quattordicenne, mentre già era legato ad una minorenne, Wally Neuzil, sua musa e modella e per poco si perde in questa spirale di carne, piacere e desiderio. Gli bastano pochi segni per delineare interi corpi, corpi che galleggiano in uno spazio bianco, assente, in un paesaggio ormai scomparso, dove l’uomo è solo con le sue pulsioni. L’abbigliamento, l’acconciatura dei capelli, ci mostrano uno Schiele anticipatore un’estetica punk, ma che soprattutto nella contorsione dei corpi rispecchia un disagio esistenziale che è epocale ed emerge codificato e ben raccontato dalla psicoanalisi nella Vienna di Freud.
I suoi personaggi sembrano burattini mossi da fili invisibili e hanno ispirato importanti artisti, ad esempio Francis Bacon, che si è occupato in modo parallelo del rapporto tra il corpo e l'angoscia psicologica, ad altri come Julian Schnabel, Tracey Emin, Jean-Michel Basquiat (evidentemente ispiratosi alla sua opera) e David Bowie. Il Bowie della trilogia berlinese (Low, Heroes e Lodger) e dei dischi “The Idiot” e “Lust for Life” con Iggy Pop, si immerge totalmente non solo nei suoni elettronici dei Kraftwerk conosciuti nel suo soggiorno berlinese e nelle atmosfere eteree di Brian Eno, ma anche nella pittura che da Schiele risale verso gli espressionisti tedeschi. Da sempre lui stesso appassionato di arte ed anche pittore di un certo talento, Bowie coltiva tutte queste suggestioni nel suo percorso di rinascita e costruisce una poetica ipirata direttamente a Schiele per gli scatti sulle copertine di “Heroes” e “Lodger”.
Sono dunque questi i fili che annodiamo nel nostro percorso sonoro di oggi: da un lato Alban Berg come contemporaneo di Schiele, Berg percorso nei suoi spartiti dalla stessa lunare atmosfera, dal tramonto di un mondo che si eclissa per sempre e in parallelo Bowie raffinato interprete della poetica del grande viennese al punto da portarla sulle copertine dei suoi dischi. Fatto non casuale, le musiche di Bowie si sposano alla perfezione con quelle di Alban Berg, malgrado oltre mezzo secolo di distanza e la contrapposizione tra strumentazioni acustiche ed elettroniche. Sono composizioni anche se lontane cronologicamente, vicine per poetica, raccontano lo sgretolarsi di un mondo, mondo in cui lo stesso Schiele cerca di ritrovare una stabilità anche emotiva, sposando Edith Harms e cercando di costruire una famiglia, ma in quel mondo (il nostro?) in cui non c’era pace, l’epidemia di spagnola li spazza via entrambi. CLICCATE QUI e partite per un viaggio sonoro in un’Europa decadente ed espressionista per accompagnare le opere di Egon Schiele.
Tutto questo è anche uno stratagemma per celebrare Bowie che l’8 gennaio avrebbe compiuto 77 anni e, come Schiele, è ancora qui con noi ed a lungo ci faranno compagnia entrambi per la capacità di cercare l’autentico spingendosi all’estremità di quel che è umano, lasciandosi alle spalle il piccolo cabotaggio di narrazioni caduche dedite a cancellare lo sconveniente, l’umano troppo umano, per disinfettare ogni cosa in un artefatto falso e cadavere. I corpi vogliosi di Schiele e le musiche magnifiche di Bowie al contrario restano impregnate di vita, nel suo rapido svolgersi incomprensibile.
In conclusione un pensiero per Maksim Kryvtsov, il poeta ucraino morto al fronte pochi giorni fa, l’ennesimo artista dato alla morte dagli invasori russi. Il sacrificio di questi uomini e donne sbatte in faccia ad un occidente confuso il senso della verità, mai domestica, consolatoria ed edulcorata, ma cruda e diretta, impregnata di odori forti e sapori poco delicati, come le opere di Egon Schiele. Riposa in pace tra i fiori che presto sarai.
La mia testa ruzzola da un boschetto all’altro
come un rotolacampo o un pallone
Le violette in primavera fioriranno
attraverso le mie braccia strappate
Quand’è che arriverà la primavera?
Non vedo l’ora di fiorire come una viola
Maksim Kryvtsov