i sono semplicemente due tipi di musica, la buona musica e l'altra... l'unico metro di giudizio per giudicare il risultato è semplicemente il suono. Se suona bene è un successo, se non suona è un fallimento.
Come si può pretendere di essere compresi se non si espone il proprio pensiero con totale onestà? Questa situazione è ingiusta perché chiede troppo al mondo. In effetti, diciamo: "Non oso mostrarti quello che sono perché non mi fido nemmeno un minuto di te, ma ti prego di amarmi lo stesso perché ne ho tanto bisogno". E, naturalmente, se non mi ami comunque, sei un cane sporco, proprio come sospettavo, quindi avevo ragione fin dall'inizio". Eppure, ogni volta che i figli di Dio hanno gettato via la paura per perseguire l'onestà, cercando di comunicare se stessi, compresi o meno, sono accaduti miracoli.
Duke Ellington
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Bhé sì oggi un mito della musica moderna. A volte vi confesso che guardo a tutti i musicisti con cui potrei aprire un nuovo post facendo la stessa affermazione e di cui non ho ancora parlato e penso tra me e me: farò in tempo a parlarne? Pian Piano è una sfida imperfetta, tramonterà lasciando le cose a metà, dimenticando pietre miliari, cancellando intere pagine memorabili, ma in fondo è anche la sua forza l’essere incompleto, disordinato, capriccioso. Un capriccio condiviso di raccontare e scoprire, scavare, scovare e ascoltare da un punto di vista totalmente soggettivo. L’uomo a cui hanno sicuramente guardato George Gershwin e Leonard Bernstein per i loro capolavori: oggi qui con noi: Duke Ellington. Il musicista stimato da Coltrane, con cui incise un disco ed a cui Miles Davis dedicò un brano dopo pochi mesi dalla sua scomparsa è un punto di riferimento non solo del jazz, ma della musica classica moderna del secolo scorso.
I suoi arrangiamenti e le composizioni originali sono di una modernità disarmante e per bellezza potrebbero essere suonate in apertura di un dj set, in un teatro insieme a Mozart e Haydin o in un jazz club tra fumo e belle gambe di donna e travolgerci anche oggi. Duke Ellington ha dimostrato con l’arte che la cultura afroamericana ed il jazz erano e sanno essere cultura alta e non robetta da localucci con le battone, secondo i peggiori stereotipi razzisti a cui tutta la black music è stata costretta da una segregazione ed una cattiveria mai del tutto estirpata, anzi che purtroppo anche oggi riempie le cronache dagli Stati Uniti, soprattutto dopo lo schifo puzzolente della presidenza di Donald Trump.
Duke Ellington era di un’agilità artistica impressionante, capace di far canzonette, riarrangiare musica classica, comporre nuove musiche che tra ritmiche dispari, cambi e scritture di fiati originali sono da studiare ed insegnare nei conservatori. Per farvi assaporare la sua tavolozza ho assemblato una playlista enorme, magari la ascolterete a puntate come una serie TV ed ho pensato di accompagnare i brani strumentali con le voci di Frank Sinatra ed Ella Fitzgerald, come in un dialogo ideale tra la musica leggera, il jazz ed i brani per orchestra. Interpreti bianchi come Frank che cantano sulle musiche di un nero e voci magnifiche come quella di Ella a ribadire un’arte che fa a pezzi gli steccati dell’idiozia razzista e dei generi, della musica colta e pop, dell’intrattenimento e della cultura alta: oro puro per il vostro Mr Pian Piano da sempre insofferente ai generi.
La presunzione di una classicità esclusiva, di un’egemonia della musica colta a cui non è permesso volgersi al jazz viene polverizzata da Ellington, che con attenzione quasi manageriale plasma un’orchestra sotto la sua direzione per oltre trent’anni, suonando sui palchi più prestigiosi di tutto il mondo. Il classico indubbiamente c’è, ma con Ellington si allarga, parallelamente a Gershwin a quella visione eclettica che sarà impersonata da Leonard Bernstein, compositore e grande direttore d’orhestra con la capacità di cimentarsi con un repertorio che va da Mozart a Beethoven fino a Wagner con le più grandi orchestre del mondo, senza disdegnare al contempo il musical, la canzone, Gershwin. Il dinamismo della cultura americana, la sua trasversalità capace di rompere in quegli anni la spaccatura tutta europea tra colto e popolare.
Ladies and Gentlemen CLICCATE QUI per una corposa playlista che raccoglie un racconto personale e soggettivo dell’opera di Duke Ellington, tra canzoni e composizioni strumentali un viaggio che nell’amore per la musica parte dal leggendario Cotton Club magnificamente raccontato da Francis Ford Coppola (da rivedere) ed arriva fino agli anni 70. Non vi sembra una favola?
Desiderate qualcosa di diverso dall’orchestra di Duke Ellington? Il jukebox di Mr Pian Piano con tutti i musicisti e le musiciste del nostro intrigante menù è come ogni domenica a vostra completa disposizione: classica, jazz, pop, rock e ambient sono lì ad aspettarvi. Se volete scoprire in dono altre monografie curate da Mr Pian Piano di decine e decine e decine (e decine) di superbi musicisti vi basta accomodarvi qui:
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Duke Ellington: jazz, classical music.
There are simply two kinds of music, good music and the other kind … the only yardstick by which the result should be judged is simply that of how it sounds. If it sounds good it’s successful; if it doesn’t it has failed.
How can anyone expect to be understood unless he presents his thoughts with complete honesty? This situation is unfair because it asks too much of the world. In effect, we say, “I don’t dare show you what I am because I don’t trust you for a minute but please love me anyway because I so need you to. And, of course, if you don’t love me anyway, you’re a dirty dog, just as I suspected, so I was right in the first place.” Yet, every time God’s children have thrown away fear in pursuit of honesty-trying to communicate themselves, understood or not, miracles have happened.
Duke Ellington
Bhé yes today a myth of modern music. Sometimes I confess to you that I look at all the musicians I could open a new post with by making the same statement and haven't talked about yet and I think to myself: will I make it in time to talk about them? Pian Piano is an imperfect challenge, it will sunset leaving things half-finished, forgetting milestones, erasing whole memorable pages, but at bottom it is also its strength to be incomplete, messy, capricious. A shared whim of telling and discovering, digging, unearthing and listening from a totally subjective point of view. The man George Gershwin and Leonard Bernstein surely looked to for their masterpieces: here with us today: Duke Ellington. The musician esteemed by Coltrane, with whom he recorded a record and to whom Miles Davis dedicated a song a few months after his death is a landmark not only of jazz, but of modern classical music of the last century.
His arrangements and original compositions are of disarming modernity and for beauty they could be played at the opening of a DJ set, in a theater along with Mozart and Haydin or in a jazz club among smoke and beautiful women's legs and sweep us away even today. Duke Ellington demonstrated through art that African-American culture and jazz were and can be high culture and not the stuff of hooker clubs, according to the worst racist stereotypes to which all black music has been forced by a segregation and nastiness that has never been completely eradicated, indeed that unfortunately even today fills the news from the United States, especially after the stinking filth of Donald Trump's presidency.
Duke Ellington was of impressive artistic agility, capable of making ditties, rearranging classical music, composing new music that between odd rhythms, changes and original woodwind writings are to be studied and taught in conservatories. To give you a taste of his palette, I have assembled a huge playlist, perhaps you will listen to it in installments like a TV series, and I thought to accompany the instrumental pieces with the voices of Frank Sinatra and Ella Fitzgerald, as if in an ideal dialogue between pop music, jazz and orchestral pieces. White performers like Frank singing over the music of a black man and magnificent voices like Ella's reaffirming an art that tears down the fences of racist idiocy and genres, of cultured and pop music, of entertainment and high culture: pure gold for your Mr. Pian Piano who has always been intolerant of genres.
The presumption of an exclusive classicism, of a hegemony of cultured music that is not allowed to turn to jazz, is pulverized by Ellington, who with almost managerial attention molds an orchestra under his direction for more than thirty years, playing on the most prestigious stages around the world. The classical is undoubtedly there, but with Ellington it expands, parallel to Gershwin to that eclectic vision that was to be personified by Leonard Bernstein, a composer and great orchestral conductor with the ability to grapple with a repertoire ranging from Mozart to Beethoven to Wagner with the world's greatest orchestras, while at the same time not disdaining the musical, the song, Gershwin. The dynamism of American culture, its transversality capable of breaking in those years the all-European rift between cultured and popular.
Ladies and Gentlemen CLICK HERE for a full-bodied playlist that brings together a personal and subjective account of Duke Ellington's work, between songs and instrumental compositions a journey that in love of music starts from the legendary Cotton Club beautifully recounted by Francis Ford Coppola (to be reviewed) and goes all the way to the 1970s. Doesn't that sound like a fairy tale?
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