“Voglio portare via la gente dalla bruttezza e dalla tristezza che ci circonda attraverso la profonda bellezza della musica”.
Charlie Haden
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Charlie Haden è parte del fiume della storia. Bella scoperta Mr Pian Piano, direte voi, non lo siamo un po’ tutti? Vero, inubbiamente vero, ma diciamo che Haden è una figura chiave per il jazz. Insieme ad Ornette Coleman è uno dei padri del “free jazz” con Don Cherry e Billy Higgins. Il free condensa quella spinta alla rottura di ogni convenzione verso una redenzione da ogni costrizione che è stata il microclima di tutti gli anni sessanta. Una miscela esplosiva in tutte le arti, il design, la pittura, il cinema.. Con il suo contrabbasso Haden ha fatto il surf tra le onde di un’epoca di grandi entusiasmi e trasformazioni. Con l’album Liberation Music Orchestra, Charlie Haden voleva suggerire una riflessione in musica dello spirito di rivolta degli anni Sessanta segnati dalle marce per i diritti civili, rifacendosi ai canti della guerra civile spagnola e alle canzoni inneggianti a Che Guevara. Per il suo attivismo politico nel 1971 finì addirittura nelle prigioni del dittatore Caetano in Portogallo, avendo dedicato un brano Song for Chè – tratto dall’album Liberation Music Orchestra – ai movimenti di liberazione delle colonie portoghesi (Guinea, Capoverde, Angola e Mozambico). La Liberation Music Orchestra che ha diretto è stata quindi un evidente gesto politico, un rimandare al socialismo, alla rottura con ogni autoritarismo. In questa prospettiva Haden ha vissuto un’epopea, mentre oggi ci resta da masticare molta malinconia e purtroppo nuovamente l’odore del sangue.
Nella sua carriera Haden ha suonato con i maggiori nomi della scena americana: P. Metheny (ne abbiamo parlato QUI) , A. Shepp, C. Baker e M. Brecker. Con Ornette Coleman ha inciso l’importante album The Shape of Jazz to Come (1959), e con K. Jarrett e P. Motian ha creato un famoso trio e insieme a D. Redman l’American quartet. Ha vinto un Grammy Award in tre occasioni, ricevendo il premio per la migliore esecuzione strumentale jazz per il suo album del 1997 con Pat Metheny Beyond the Missouri Sky (Short Stories), per l’album Nocturne del 2001 e per Land of the Sun del 2004. Nel 1987 Haden è a Roma. Ritrova il batterista Billy Higgins, – con cui anni prima aveva costituito la ritmica del quartetto di Coleman – e, insieme alla tromba e alla voce straordinaria di Chet Baker (Chet viveva a Roma in quel periodo) e al piano di un giovane (e sempre ottimo) Enrico Pieranunzi, registra Silence. “Last Dance” inciso con Jarrett è uscito poco dopo la sua morte. Tanto per fotografarne malamente la carriera.
Charlie Haden dunque ha respirato la polvere della storia ed è bello sentire le sue musiche che sono manifesti di orgoglio politico e collettivo, ritrovarlo a giocare con il country in famiglia o nelle tipiche atmosfere ECM, intime, malinconiche e riflessive o con Pat Metheny a dipingere il paesaggio americano con rara maestria . Dove abita la bellezza di Haden? Abita proprio qui in questa varietà di atmosfere, molto diverse tra loro, ma sempre cucinate con grandissima poesia.
Ascoltando le sue musiche per preparare la playlista sembra di attraversare l’America per come la immagino attraverso le immagini del cinema, dalle realtà metropolitane con il loro intrigo di luci, voci, musiche, tradizioni diverse, al paesaggio rurale aperto, poco abitato, con immense distese agricole, realtà di provincia chiuse e deserti.
Charlie Haden fa di tutto questo poesia e la sua è una presenza discreta, ma fondamentale. Il suo contrabbasso sembra un ordito che accompagna gli altri strumenti, strumenti che magari come timbrica emergono con maggior forza, ma il suo lavoro compositivo è fondamento, esattezza e forza. La musica di Haden è complessa, forse non esattamente estiva, se non per i meriggi bollenti in cui ci si chiude nella penomba per leggere, navigare, dormire o scambiarsi carezze, ma se lasciate scorrere il suo suono vi ritroverete in una grande bellezza, in un paesaggio appunto. Se volete possiamo definirlo retoricamente paesaggio dell’anima, ma è un dipinto multiforme e stratificato fatto di jazz, blues e country ed è quindi impregnato d’America, della storia di musiche che sono americane.
Charlie Haden ci ha lasciato nel 2014, ma i suoi dipinti sonori restano qui e raccontano bene il XX secolo a partire dal secondo dopoguerra fin dentro al XXI secolo, con le contraddizioni, le speranze e le solitudini. La musica però sa giocare brutti scherzi come nella magnifica “Où Es Tu Mon Amour” ed eccoci catapultati all’indietro nel tempo….Per questo brano e per la revisione della playlista ringrazio di cuore Angelo Bardini, che ha suggerito e levigato con la solita gentilezza. Ancora grazie Angelo e spero ci ritroveremo con altri autori. CLICCATE QUI per esplorare questo viaggio nel paesaggio americano di Charlie Haden.
Desiderate qualcosa di diverso dalle musiche poliedriche di Charlie Haden? Il jukebox di Mr Pian Piano con tutti i musicisti e le musiciste del nostro intrigante menù è come ogni domenica a vostra completa disposizione: classica, jazz, pop, rock e ambient sono lì ad aspettarvi. Se volete scoprire in dono altre monografie curate da Mr Pian Piano di decine e decine e decine (e decine) di superbi musicisti vi basta accomodarvi qui:
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Charlie Haden: jazz.
“I want to take people away from the ugliness and sadness that surrounds us through the profound beauty of music”.
Charlie Haden
"I want to take people away from the ugliness and sadness that surrounds us through the profound beauty of music."
Charlie Haden
Charlie Haden is part of the river of history. You might say, "Nice discovery, Mr. Pian Piano," but aren't we all a bit like that? True, undoubtedly true, but let's say that Haden is a key figure in jazz. Along with Ornette Coleman, he is one of the fathers of "free jazz" with Don Cherry and Billy Higgins. Free jazz condensed the urge to break every convention towards a redemption from every constraint that was the microclimate of the entire sixties. An explosive mix in all arts: design, painting, cinema. With his double bass, Haden surfed the waves of an era of great enthusiasm and transformations. With the album Liberation Music Orchestra, Charlie Haden wanted to suggest a musical reflection on the spirit of rebellion of the 1960s, marked by civil rights marches, drawing inspiration from the songs of the Spanish Civil War and those praising Che Guevara. For his political activism in 1971, he even ended up in the prisons of dictator Caetano in Portugal, having dedicated a track, "Song for Chè," from the album Liberation Music Orchestra, to the liberation movements of Portuguese colonies (Guinea, Cape Verde, Angola, and Mozambique). The Liberation Music Orchestra he directed was, therefore, an evident political gesture, a reference to socialism, a break with every authoritarianism. In this perspective, Haden lived an epic, while today, there is much melancholy to chew on and unfortunately, the smell of blood again.
In his career, Haden played with major names in the American scene: P. Metheny , A. Shepp, C. Baker, and M. Brecker. With Ornette Coleman, he recorded the important album "The Shape of Jazz to Come" (1959), and with K. Jarrett and P. Motian, he created a famous trio, and with D. Redman, the American quartet. He won a Grammy Award three times, receiving the award for Best Jazz Instrumental Performance for his 1997 album with Pat Metheny, "Beyond the Missouri Sky (Short Stories)," for the 2001 album "Nocturne," and for "Land of the Sun" in 2004. In 1987, Haden is in Rome. He reunites with drummer Billy Higgins – with whom he had previously formed the rhythm section of Coleman's quartet – and, along with the extraordinary trumpet and vocals of Chet Baker (who lived in Rome at that time) and the piano of a young (and always excellent) Enrico Pieranunzi, he records "Silence." "Last Dance," recorded with Jarrett, was released shortly after his death. Just to roughly capture his career.
Charlie Haden, therefore, breathed the dust of history, and it is beautiful to hear his music, which is a manifesto of political and collective pride. Finding him playing with country in a family setting or in the typical ECM atmospheres, intimate, melancholic, and reflective, or with Pat Metheny painting the American landscape with rare mastery. Where does Haden's beauty reside? It resides right here in this variety of atmospheres, very different from each other but always cooked with great poetry. Listening to his music to prepare the playlist feels like crossing America as I imagine it through the images of cinema, from metropolitan realities with their intrigue of lights, voices, music, and diverse traditions to the open rural landscape, sparsely populated, with immense agricultural expanses, closed provincial realities, and deserts.
Charlie Haden turns all of this into poetry, and his presence is discreet but fundamental. His double bass seems like a warp that accompanies the other instruments, instruments that may emerge with greater force in terms of timbre, but his compositional work is the foundation, precision, and strength. Haden's music is complex, perhaps not exactly summery, except for the scorching midday hours when you retreat into the shadows to read, navigate, sleep, or exchange caresses. But if you let his sound flow, you will find yourself in great beauty, in a landscape, precisely. If you want, we can rhetorically define it as a landscape of the soul, but it is a multifaceted and layered painting made of jazz, blues, and country, and therefore, it is imbued with America, with the history of music that is American.
Charlie Haden left us in 2014, but his sonic paintings remain here and tell the story of the 20th century from the post-war period into the 21st century, with contradictions, hopes, and loneliness. However, music can play tricks, as in the magnificent "Où Es Tu Mon Amour," and here we are catapulted backward in time... For this track and the revision of the playlist, I sincerely thank Angelo Bardini, who suggested and polished it with his usual kindness. Thanks again, Angelo, and I hope we'll meet again with other authors. CLICK HERE to explore this journey into Charlie Haden's American landscape.
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