La musica d'avanguardia è una specie di musica di ricerca. Sei felice che qualcuno l'abbia prodotta ma non necessariamente vuoi ascoltarla.
Brian Eno
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Ci sono indubbiamente due anime in Brian Eno, il ricercatore sonoro colto ispirato da Cage e dai minimalisti, che sperimenta il fluire dei suoni in un’elettronica ambient che è quasi una musica che si fa architettura e poi c’è il Brian Eno dei primi due dischi dei Roxy Music dove militava come tastierista, che ama le canzoni, le chitarre ritmiche alla Nile Rodgers, i coretti finali per chiudere ogni brano, il pop ed il rock. La musica per le masse, Music for the masses come titolarono un loro disco i Depeche Mode è insomma una passione del nostro artista. Non a caso a parte le raffinatezze con Bowie, Eno da produttore e regista sonoro ha avuto tra le mani i migliori Devo, i Talking Heads al massimo della forma, U2, Coldplay, James, Laurie Anderson, in una cascata pop, rock e new wave che ha allietato i giovinastri di più di una generazione.
Ho deciso di tornare su di lui, di cui abbiamo già parlato a proposito delle composizioni strumentali per cui è famoso (QUI) per proporvi oggi un viaggio tra i suoi dischi come solista e scoprire il buon vecchio Eno da una prosettiva diversa, magari fatta anche di chitarre graffianti, canzoni insolite, dolcissime o quasi violente, per un artista che sembra non disdegnare nessuna portata, dalle più elitarie fino a quelle più popolari. I suoi dischi non sono stati dischi di successo, ma indubbiamente hanno influenzato molto le nuove leve e lasciato un segno nel come intendiamo una canzone anche oggi. Cosa ne dite forse è per questo che ormai il nostro è richiesto da anni come produttore da stelle e stelline del firmamento pop rock?
Ne escono gemme come questa “How Many Worlds”, dove Eno ci propina una rilettura della classica alternanza strofa ritornello, in una canzone che è solo ritornello con un’elegiaca coda strumentale finale a cui affida un tema musicale identificabile in una potenziale strofa. Resta sempre in questo musicista un ragionamento teorico e strutturale su ogni sua composizione, la sua è una musica “a programma” e non a caso il suo stile è ben riconoscibile, con cori finali, destrutturazione della rigida alternanza strofa ritornello, chitarre ritmiche, cantati che rimandano al folk, saturazione percussiva ispirata alla musica africana, ecc. Nel suo capolavoro “Before and After Science” troviamo anticipazioni di quella che sarà la new wave prima ed il grunge poi. Un esempio? Alla chitarra ritmica Phil Manzanera, nel solo finale un Robert Fripp da urlo con una chitarra effettatissima e quasi irriconoscibile. Sparatela pure a tutto volume e fate esplodere le finestre di casa.
Sì insomma altro dagli eterei suoni ambient in cui identifichiamo il grande produttore e artista (è infatti attivo anche nelle arti figurative) inglese. Come Mr Pian Piano devo però uscire da una fredda esegesi e raccontarvi qualcosa di personale. Ricordo quando comprai il seminale “Music for Films” di Eno abbracciando entusiasta un mondo sonoro rarefatto e sorprendente per chi come il sottoscritto era fresco di Sex Pistols prima e Joy Division poi. Allora sono corso a comprarmi i dischi di questo “pelato” aspettandomi altri viaggi rarefatti tra suoni rarefatti e invece restando ancora una volta spiazzato. Da lì è diventato uno dei miei punti di riferimento e negli anni ha sempre prodotto cose buone ed in alcuni casi, quando le azzecca canzoni che fanno venire i brividi ogni volta, come questa con John Cale, ma che mostra tutte le modalità compositive care a Eno. Commuovetevi pure: è permesso.
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Brian Eno: pop, rock.
"Avant-garde music is a kind of research music. You're glad someone has produced it, but you don't necessarily want to listen to it."
Brian Eno
There are undoubtedly two souls in Brian Eno, the cultured sound researcher inspired by Cage and the minimalists, experimenting with the flow of sounds in ambient electronica that is almost a music turned architecture. Then there's the Brian Eno of the first two Roxy Music albums, where he played as a keyboardist, who loves songs, Nile Rodgers-style rhythmic guitars, final choruses to close each song, pop, and rock. Music for the masses, as Depeche Mode titled one of their albums, is indeed a passion of our artist. Notably, apart from his refinements with Bowie, Eno, as a producer and sound director, has had his hands on the best of Devo, Talking Heads at their peak, U2, Coldplay, James, Laurie Anderson, in a cascade of pop, rock, and new wave that has delighted more than one generation of enthusiasts.
I've decided to revisit him, about whom we have already talked regarding his famous instrumental compositions (HERE), to take you on a journey through his solo albums today and discover the good old Eno from a different perspective, perhaps with gritty guitars, unusual songs, sweet or almost violent, for an artist who seems to embrace every style, from the most elitist to the most popular. His albums haven't been commercial successes, but they have undoubtedly influenced new talents and left a mark on how we perceive a song even today. Is it possible that this is why our artist has been sought after for years as a producer by stars of the pop-rock firmament?
Gems like this one emerge, "How Many Worlds," where Eno offers us a reinterpretation of the classic verse-chorus alternation in a song that is only chorus with an elegiac instrumental ending to which he entrusts a musical theme identifiable as a potential verse. There always remains a theoretical and structural reasoning on each of his compositions; his is a "programmatic" music, and it's no coincidence that his style is easily recognizable, with final choruses, deconstruction of the rigid verse-chorus alternation, rhythmic guitars, vocals reminiscent of folk, percussive saturation inspired by African music, etc. In his masterpiece "Before and After Science," we find anticipations of what will be new wave first and grunge later. An example? On rhythmic guitar, Phil Manzanera, and in the final solo, a Robert Fripp with an incredibly processed and almost unrecognizable guitar. Go ahead, play it at full volume and let the windows of your home explode.
In short, something different from the ethereal ambient sounds that we associate with the great English producer and artist (who is also active in the visual arts). Like Mr. Pian Piano, however, I must step out of a cold exegesis and tell you something personal. I remember when I bought Eno's seminal "Music for Films," enthusiastically embracing a rarefied and surprising sound world for someone like myself, fresh from Sex Pistols first and Joy Division later. So I rushed to buy the records of this "bald" guy, expecting more rarefied journeys among rarefied sounds, and instead, I was once again taken aback. From then on, he became one of my reference points, and over the years, he has consistently produced good things, and in some cases, when he hits the mark, songs that give you chills every time, like this one with John Cale, but which show all the compositional modes dear to Eno. Go ahead, be moved: it's allowed.
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