Non arriveremo mai al punto di pubblicare delle schifezze, perché sappiamo che la gente le comprerebbe.
Uno dei miei più bei ricordi di John è quando ci mettevamo a litigare: io non ero d'accordo con lui su qualcosa e finivamo per insultarci a vicenda. Passavano un paio di secondi e poi lui sollevava un po' gli occhiali e diceva "è solo che sono fatto così...". Per me quello era il vero John. In quei rari momenti lo vedevo senza la sua facciata, quell'armatura che io amavo così tanto, esattamente come tutti gli altri. Era un'armatura splendida; ma era davvero straordinario quando sollevava la visiera e lasciava intravedere quel John Lennon che aveva paura di rivelare al mondo.
Paul McCartney
A Mimi [la zia] dicevo sempre: "Hai buttato via tutte le mie poesie e te ne pentirai quando sarò famoso". Non le perdonavo il fatto che non mi trattasse come un fottuto genio.
John Lennon
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Non me ne vogliano i rollingstonologi, ma non c’è un lontano paragone con i 4 di Liverpool. Ogni volta che li ascolto per quanto mi riguarda non c’è gara, per inventiva, per immaginazione, per innovazione, per l’eredità lasciata ai musicisti successivi e per il buon gusto di lasciar perdere quando era ora di fermarsi. Due parole sui Beatles oggi su (((RadioPianPiano))) e l’occasione è stata inciampare in una loro fotografia del periodo di Sg. Pepper, i 4 tutti con copiosi baffoni e vestiti coloratissimi e surreali sono bellissimi e sprizzano una gioia che oggi ci appare lontana anni luce. Era lo stesso pianeta? Cosa raccontare che non sia stato già detto e meglio di quanto io possa fare? Nulla, francamente è impossibile. Unico sforzo possibile non ricalcare i singoli e le antologie, ma cercare tra le loro famosissime canzoni quelle un pelo meno famose e che magari vi possano sorprendere e raccontarvi una pagina di diario del sottoscritto e di come si relaziona a John, Paul, George e Ringo.
Partiamo dai miei album preferiti. Sono uno dietro l’altro nell’arco di due soli anni: Revolver, Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band, Magical Mistery Tour e White Album. Dal 1966 al 1968 ci sono le canzoni che amo di più. In Revolver sbocciano i sitar di Harrison e arriva in occidente quell’ibridazione tra pop e musica indiana che al vostro piace assai, assai e lancia una vena psichedelica e interplanetaria mai vista e sentita prima. Possiamo parlare di globalizzazione culturale per il viaggio dei Beatles in India? Sicuramente e anche per questo e molti altri motivi considero la mescolanza tra culture, economie e persone un processo inarrestabile. Sono anni perfetti dove i nostri arrangiano i loro brani in mille mila modi passando da certe composizioni sature di suoni e soluzioni fantasiose ad altre scabre, essenziali e spigolose come in White Album. Se gli Inglesi son stanchi di sentire manfrine sui Beatles, qui in terra italica dove il trittico sole, cuore, amore trionfa ancora malgrado si navighi da tempo nel XXI secolo alcune loro canzoni suonano ancora come pericolosa avanguardia e alla fin fine anche blasonati gruppi UK degli anni 90 un orecchio a questi album lo hanno prestato eccome….
La vena pop psichedelica dei Beatles, ben riassunta nello yellow submarine transoceanico o nei canti indiani di George Harrison e dintorni e nelle ballate dedicate a Prudence Farrow ci trascina nelle acque di un Gange fantastico dove la nostra barchetta è trascinata verso dimensioni parallele e imbarca acqua di milioni di anni fa. O forse appena caduta dal cielo? Chi lo sa? Certo lasciarsi portare da queste ondate di colori sonori, strumenti, rumori, voci, testi e personalità così diverse fa girar la testa. Non ci resta che scrutare la copertina di Sgt. Pepper's un po’ ubriachi per scoprire l’identità di tutti personaggi che compaiono ed i rimandi culturali che rappresentano. Forse i Beatles sono un puzzle da comporre ascolto dopo ascolto?
Indubbiamente un puzzle minimale di 4 pezzi, ma difficile da comporre con Paul mancino, melodico e romantico, John invece un blues sghembo, spigoloso e poco incline al compromesso, George buono, paziente e viaggiatore, Ringo introverso e silenzioso. Un’unione difficile per questi figli della working class, ma quando è complesso fare una sintesi o non ne esce nulla, perché il tentativo fallisce miseramente o proprio nelle discussioni e negli scontri continui emergono soluzioni significative e inattese. Proprio questo è il caso dei Beatles e proprio per questo la loro storia non sarà mai una stanca e bolsa riproposizione, ma ha avuto un inizio ed una fine e non ci ha lasciato decine di dischi inutili. Meno male.
C’è nella loro musica qualcosa che sa mettermi di buon umore, anzi rendermi felice. Ad un ascolto attento troviamo attitudini atipiche per una band di pop, per esempio il desiderio di sperimentare di George Harrison che emergerà con chiarezza dopo lo scioglimento della band, ma ben presente anche in molte canzoni dei Beatles, il gusto per la melodia di McCartney, però mai banale con vertici come Eleanor Rigby ed Hey Jude. In Eleanor Rigby ad esempio troviamo un'orchestra di otto elementi (ottetto) formata da quattro violini, due viole e due violoncelli ad accompagnare la voce solista di Paul, a ribadire una sua passione per la musica classica, infatti in quegli anni Paul era un appassionato ascoltatore di Vivaldi. Comune? No. CLICCATE QUI per scoprire quali sapori e profumi dalla ricca dispensa dei Beatles ho deciso di selezionare per i vostri timpani: buon ascolto e buona domenica.
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Beatles: pop.
We will never reach the point of publishing rubbish, even if we know people would buy it.
One of my fondest memories of John is when we used to argue: I disagreed with him about something, and we ended up insulting each other. A couple of seconds would pass, and then he'd lift his glasses a little and say, "It's just the way I am..." For me, that was the real John. In those rare moments, I saw him without his facade, that armor I loved so much—just like everyone else. It was splendid armor, but it was truly extraordinary when he lifted the visor and let me glimpse the John Lennon he was afraid to show the world.
Paul McCartney
I always used to tell Mimi [his aunt]: "You threw away all my poems, and you'll regret it when I'm famous." I couldn’t forgive her for not treating me like a bloody genius.
John Lennon
I hope the Rolling Stones enthusiasts won’t take offense, but there’s no comparison with the Fab Four from Liverpool. Every time I listen to them, for me, there’s no contest: in creativity, imagination, innovation, the legacy they left for future musicians, and the good sense to stop when it was time.
It was about time to discuss the Beatles, and the occasion arose when I stumbled upon a photo of them from the Sgt. Pepper era: the four of them with thick mustaches and surreal, colorful outfits. They look magnificent, radiating a joy that today feels light-years away. Was it even the same planet?
What can I say that hasn’t already been said, and better than I ever could? Nothing. Frankly, it’s impossible. The only effort I can make is not to revisit their singles and anthologies but instead to dig through their incredibly famous songs to find those slightly less well-known, ones that might surprise you, and to share a page from my personal diary about how I relate to John, Paul, George, and Ringo.
Let’s start with my favorite albums. They come one after another in just two short years: Revolver, Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band, Magical Mystery Tour, and the White Album. From 1966 to 1968, these albums feature the songs I love the most. On Revolver, Harrison’s sitar blooms, bringing to the West that blend of pop and Indian music that I love so much. It launched a psychedelic, interplanetary vibe never seen or heard before. Can we talk about cultural globalization thanks to the Beatles’ trip to India? Absolutely, and for this reason, along with many others, I see the mixing of cultures, economies, and people as an unstoppable process. These were perfect years when the Beatles arranged their songs in countless ways, moving from compositions dense with sounds and imaginative solutions to sparse, essential, and edgy pieces like those in the White Album. While the English might be tired of endless discussions about the Beatles, here in Italy—where the "sun, heart, love" trifecta still triumphs despite us sailing into the 21st century—some of their songs still sound like dangerous avant-garde. Even highly acclaimed UK bands of the 1990s clearly paid close attention to these albums…
The Beatles’ psychedelic pop vein, epitomized by the transoceanic Yellow Submarine, George Harrison’s Indian-inspired chants, or ballads dedicated to Prudence Farrow, sweeps us into the waters of a fantastical Ganges. Our little boat drifts toward parallel dimensions, taking on water from millions of years ago—or perhaps just fallen from the sky. Who knows? Certainly, letting yourself be carried by these waves of sonic colors, instruments, noises, voices, lyrics, and personalities so diverse can make your head spin. All that’s left is to stare at the cover of Sgt. Pepper's, a little tipsy, and try to identify all the characters and cultural references. Perhaps the Beatles are a puzzle to be pieced together, listen by listen?
Undoubtedly, a minimalist puzzle of four pieces, but hard to solve: Paul, the left-handed, melodic, and romantic one; John, with his angular, skewed blues and little willingness to compromise; George, good, patient, and a traveler; Ringo, introverted and silent. This was a tough mix for these working-class sons, but when synthesis is challenging, the outcome is either nothing—because the attempt fails miserably—or significant, unexpected solutions emerge through constant arguments and clashes. This was precisely the case with the Beatles, and for this reason, their story will never be a tired and bloated rehash. It had a beginning and an end, leaving us with no unnecessary albums. Thank goodness.
There’s something in their music that knows how to put me in a good mood—actually, it makes me happy. A closer listen reveals traits atypical for a pop band, such as George Harrison’s desire to experiment, which became clearer after the band’s breakup but was already evident in many Beatles songs. Then there’s McCartney’s taste for melody, though never banal, with peaks like Eleanor Rigby and Hey Jude. In Eleanor Rigby, for example, we find an eight-piece orchestra (an octet) made up of four violins, two violas, and two cellos accompanying Paul’s solo voice. This highlights Paul’s passion for classical music, as he was an avid listener of Vivaldi during those years. Ordinary? Not at all.
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