Monet ed il mondo che si dissolve.
I colori non mi sembravano più così brillanti come un tempo [la vista di Monet cominciava a cedere], non dipingevo più le sfumature di luce in modo così corretto. I rossi mi sembravano fangosi, i rosa insipidi e le note intermedie o inferiori della scala cromatica mi sfuggivano. Per quanto riguarda le forme, riuscivo a vederle con la stessa chiarezza di sempre e a renderle con la stessa determinazione. All'inizio ho provato con la pertinacia. Quante volte sono rimasto per ore vicino al ponticello, esattamente dove siamo ora, in pieno sole, seduto sul mio sgabello da campo, sotto l'ombrellone, costringendomi a riprendere il mio compito interrotto e a recuperare la freschezza che la mia tavolozza aveva perso! Uno spreco di energie.
Claude Monet
Nel 1883 Monet con la famiglia si trasferisce a Giverny vicino a Parigi e qui realizza quella che possiamo catalogare con un azzardo come una “installazione vivente” ovvero un magnifico giardino da coltivare e curare prima e dipingere poi. Una sontuosa scenografia dove l’artista crea un angolo di paradiso. Il suo lavoro è ormai riconosciuto e la fama dei suoi dipinti gli dona la tranquillità economica. Nel 1908 Monet inizia però a lamentarsi per un indebolimento della vista, l’occhio destro in particolare e affronta alcune visite mediche. Il responso è purtroppo concorde: cataratta. Il disturbo che oggi viene curato con un intervento di routine portava allora alla cecità o in alternativa ad un rischiosissimo e dolorosissimo intervento dal risultato non garantito. Dal 1908 in una progressione implacabile, la malattia altera la percezione dei colori di Monet che alla loro percezione reale ne sostituisce una condizionata dal giallo: i rossi diventano arancioni, i verdi si schiariscono, blu e viola si trasformano in rosso e giallo ed i bordi delle figure non appaiono più netti ma sfocati. Già i quadri dipinti da Monet nel 1908 a Venezia mostrano l’inizio di questa metamorfosi.
Claude Monet, Canal Grande, Venezia, 1908, Museum of Fine Art, Boston
Cocciutamente e pur in una comprensibile angoscia, Monet continua a dipingere con testarda determinazione. Divenuto nel 1922 omai cieco affronterà una serie di operazioni che con risultati parziali lo porteranno ad un miglioramento negli ultimi anni della sua vita. I dipinti di questo periodo in cui la qualità della vista del grande artista francese è pessima, mostrano una tendenza sempre più marcata all’astrazione ed indubbiamente ci mostrano immagini mentali più che soggetti usciti da una percezione visiva ben precisa. Basti paragonare il “Ponte Giapponese” che è parte del giardino di Giverny dipinto prima della malattia e durante.
Claude Monet Ponte Giapponese, 1920/1922, Museum of Modern Art, New York.
Monet non vive questa metamorfosi del suo lavoro come un’occasione poetica, ma come una limitazione, un ostacolo. Tuttavia se l’intendimento delll’artista è rilevante per comprenderne l’opera, resta che la nostra fruizione dei dipinti di quegli anni e è inesorabimente slegata e si cala in un mondo di segni totalmente differente da quello di Monet. Noi guardiamo a questi dipinti come ad opere vicine all’astrazione e nei fatti lo sono essendo appunto immagini mentali, scorci di infinito. Vi propongo quindi alcune delle opere di quel periodo che va dal 1908 al 1922 e naturalmente una serie di commenti sonori che ho pensato per accompagnare i dipinti di Monet: CLICCATE QUI per scoprire la soundtrack impressionista a queste opere. Ci sono alcuni classici della sua epoca da Satie a Debussy (del grande compositore francese ne abbiamo parlato con Olrando Furioso anche QUI) musiche con una sensibilità e con caratteristiche compositive che rimandano direttamente all’impressionismo a cui ho unito brani decisamente più contemporanei, ma credo idealmente collegati a quelle atmosfere, da Sakamoto, insieve ad Alva Noto, a John Cage fino a Morton Feldman, per un percorso di ascolto che chiede un po’ di impegno, ma credo abbia una sua coerenza interna. Il pianoforte come strumento accompagna tutto l’ascolto, alla ricerca di immagini più impresse nella memoria che protagoniste della realtà ed hanno indubbiamente affascinato gli artisti dei decenni successivi. Permettetemi una dedica ideale ed è per Ryuichi Sakamoto (ne abbiamo parlato QUI) il grande musicista giapponese, purtroppo gravemente ammalato… Arte e malattia interagiscono oggi, perchè anche se il male non si dissolve l’arte resta una cura per lo spirito e Monet ci insegna anche questo. Buon ascolto!
Claude Monet, Wisteria, 1920, Musée Marmottan-Monet, Parigi (dettaglio)
Claude Monet, Ninfee nella sera, 1916-1920, Kunsthaus Zürich, Zürich, Switzerland.