“Io cerco, proprio negli ultimi anni, di trovare anzitutto una risposta per me, una musica che non sia rimasticatura del passato, neppure del passato dell’avanguardia”.
Ora non ci sono tabù, tutto è permesso. Ma non si può semplicemente tornare alla tonalità, non è la strada. Dobbiamo trovare un modo per non tornare indietro e non continuare l'avanguardia. Sono in una prigione: una parete è l'avanguardia, l'altra è il passato, e voglio fuggire.
György Ligeti
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Perché parliamo di Ligeti ora? Ne parliamo per come la sua vita inizia, un simbolico e sinistro ponte con quel che accade ora in Ucraina e perché è probabilmente il più grande compositore contemporaneo del secondo dopoguerra. György Ligeti poco dopo aver iniziato gli studi in conservatorio, vede la sua famiglia di tradizione ebraica travolta dalla Shoah: Ligeti è costretto ai lavori forzati, il padre è deportato e muore nell’aprile 1945 nel campo di concentramento di Bergen-Belsen, il fratello minore Gábor nel marzo 1945 nel campo di concentramento di Mauthausen; solo la madre sopravvive al campo di concentramento di Auschwitz. Questa tragica esperienza non interrompe la sua passione musicale ma, anzi, ne arricchisce l’ispirazione, mescolandosi al suo iniziale interesse per la musica popolare ed etnica. Studia a Budapest e si diploma nel 1949. Nel 1956 vista la repressione spietata della rivolta ungherese attuata dall’esercito sovietico, decide con la moglie Vera di fuggire in Austria a piedi, lasciandosi alle spalle tutto. Le tragedie del ‘900 segnano la sua vita.
A causa della fuga Ligeti è costretto ad abbandonare gran parte della sua musica manoscritta a Budapest che purtroppo persa nel corso degli anni. Trasferitosi a Colonia, il compositore entra in contatto con tutte le principali avanguardie tedesche dell’epoca e i loro principali esponenti, tra cui Karlheinz Stockhausen, e frequenta in estate i celebri corsi di Darmstadt, gli Internationale Ferienkurse für Neue Musik. Dopo pochi mesi di lavoro con Stockhausen e Koenig al Cologne Electronic Music Studio, Ligeti rompe con l’ambiente della seconda avanguardia lamentandone il dogmatismo, forse il tratto essenziale che ha purtroppo reso spesso sterile la musica classica contemporanea . Abbiamo un musicista in equilibrio instabile, ma assai fertile, tra superamento della tradizione e critica alle avanguardie come luogo del dogma. Lo sguardo sonoro di Ligeti abita non a caso una delle arti più popolari: il cinema. Stanley Kubrick con continuità, da 2001 “Odissea nello Spazio”, “Shining” fino al suo ultimo “Eyes Wide Shut” ha reso la musica del compositore ungherese popolare al grande pubblico. Possiamo pensare a Ligeti anche come ad uno dei padri della musica ambient per l’utilizzo di masse sonore compatte e per i suoi caratteristici pianissimo, come nella celebre Atmospheres o nel famoso brano per coro Lux Aeterna.
Ligeti è interessante perché la sua vita si radica drammaticamente per biografia nei totalitarismi, dal nazismo basato sull’incubo razziale di Hitler al comunismo distruttivo dell’individualità caro a Stalin. Ligeti sperimenta sia la cancellazione dell’individuo sia secondo la modalità cara all’incubo nazionalista e nazista di appartenenza ad una razza per il sangue, sia nell’altrettanto dogmatico e mostruoso annichilimento di ogni spinta indivisuale del comunismo. Ligeti guarda con la musica in questo abisso e lo trasforma, qui sta il genio, in qualcosa di metafisico, perché rimanda a quel che è l’homo sapiens nel suo intimo, al suo inizio e non a caso la sua musica è il solo commento sonoro al viaggio finale di 2001 Odissea nello spazio, dove l’uomo vive le proprie trasformazioni da uno sguardo che è altro da sè in sè. Ligeti è con la sua musica questo sguardo critico verso una pulsione di violenza che ci abita intimamente e ci precede come individui fin dalla nascita della nostra specie. La forza dell’homo sapiens è e sarà nella nostra capacità di domandarci del perché di questa pulsione, dietro a cui si nasconde una ricerca distruttiva di senso attraverso la violenza ed il dominio. Ligeti abita con tutta la sua opera questo momento abissalmente interrogante e lo radica sulle macerie della storia, non nel modo astratto e virtuale, caro all’uomo contemporaneo, ma nel proprio vissuto, tra la polvere delle proprie sofferenze.
Una domanda radicale quella di György Ligeti e le domande radicali sono difficili e non tutti le accolgono a cuor leggero, quindi anche la sua musica non è per tutti. Ne consegue che le sue composizioni sono il contrario di una musica che consola, distrae, accompagna, accomoda, riscalda, commenta, ma sono suono che lascia sospesi, appesi, incerti, sorpresi, di fronte all’incomprensibile come luogo fertile per eccellenza: la creatività non abita le certezze, ma i dubbi. Immergersi nella musica di Ligeti non è come fare un tuffo in piscina, ma assomiglia di più a ritrovarsi a glleggiare in un minaccioso mare nero. Il Mar Nero o il fratello minore Mar d’Azov dove ora un’intera città, Mariupol’, si ritrova senz’acqua e senza cibo e come in un eterno ritorno siamo nuovamente ad Auschwitz o nella Budapest nel 1956, ovvero siamo nell’annientamento dei nostri simili. Ripetiamo Sarajevo dopo appena trent’anni, ma moltiplicando le città assediate per 10 è questo forse progresso? Proprio qui abitano le atmosfere sonore sospese e drammatiche di Ligeti, carissime al grande regista Stanley Kubrick, perché rimandano potentemente a domande originarie di senso, a quelle che sono questioni esistenziali. Mr Pian Piano si è tuffato per voi nel mare nero di György Ligeti CLICCATE qui per scoprire le composizioni più belle del grandissimo compositore Ungherese.
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György Ligeti : contemporary music.
I try, just in the last few years, to find first of all an answer for me, music that is not rehashed from the past, even from the past of the avant-garde.
Now there is no taboo; everything is allowed. But one cannot simply go back to tonality, it’s not the way. We must find a way of neither going back nor continuing the avant-garde. I am in a prison: one wall is the avant-garde, the other wall is the past, and I want to escape.
György Ligeti
Why do we talk about Ligeti now? We talk about him because of how his life begins, a symbolic and sinister bridge to what is happening now in Ukraine, and because he is arguably the greatest contemporary composer of the post-World War II era. György Ligeti shortly after he began his studies at the conservatory sees his family of Jewish tradition overwhelmed by the Holocaust: Ligeti is forced into forced labor, his father is deported and dies in April 1945 in Bergen-Belsen concentration camp, his younger brother Gábor in March 1945 in Mauthausen concentration camp; only his mother survives Auschwitz concentration camp. This tragic experience did not interrupt his musical passion but, on the contrary, enriched its inspiration, mingling with his early interest in folk and ethnic music. He studied in Budapest and graduated in 1949. In 1956 given the ruthless repression of the Hungarian uprising implemented by the Soviet army, he decides with his wife Vera to flee to Austria on foot, leaving everything behind. The tragedies of the 1900s mark his life.
As a result of his escape Ligeti is forced to abandon much of his manuscript music in Budapest, which he unfortunately lost over the years. Moving to Cologne, the composer came into contact with all the major German avant-garde movements of the time and their leading exponents, including Karlheinz Stockhausen, and attended the famous Darmstadt courses, the Internationale Ferienkurse für Neue Musik, in the summer. After a few months of work with Stockhausen and Koenig at the Cologne Electronic Music Studio, Ligeti broke with the milieu of the second avant-garde by complaining about its dogmatism, perhaps the essential trait that has unfortunately often made contemporary classical music sterile . We have a musician in an unstable but very fertile balance between overcoming tradition and criticizing the avant-garde as a site of dogma. Ligeti's sonic gaze inhabits not surprisingly one of the most popular arts: cinema. Stanley Kubrick with continuity, from 2001 "A Space Odyssey" and "The Shining" to his latest "Eyes Wide Shut" made the Hungarian composer's music popular with the general public. We can also think of Ligeti as one of the fathers of ambient music because of his use of compact sound masses and his characteristic pianissimo, as in the famous Atmospheres or the famous choral piece Lux Aeterna.
Ligeti is interesting because his life is dramatically rooted by biography in totalitarianisms, from Nazism based on Hitler's racial nightmare to the destructive communism of individuality dear to Stalin. Ligeti experiences both the erasure of the individual in the manner dear to the nationalist and Nazi nightmare of belonging to a race by blood and in the equally dogmatic and monstrous annihilation of all indivisual drive of communism. Ligeti looks with music into this abyss and transforms it, herein lies the genius, into something metaphysical, for it refers back to what homo sapiens is at his innermost being, at his beginning, and it is no accident that his music is the only sonic commentary on the final journey of 2001 A Space Odyssey, where man experiences his own transformations from a gaze that is other than himself within himself. Ligeti is with his music this critical look at a drive for violence that inhabits us intimately and precedes us as individuals from the birth of our species. The strength of homo sapiens is and will be in our ability to question the why of this drive, behind which lies a destructive search for meaning through violence and domination. Ligeti inhabits with his entire oeuvre this abysmally questioning moment and roots it in the rubble of history, not in the abstract and virtual way dear to contemporary man, but in his own experience, among the dust of his own suffering.
A radical question is György Ligeti's, and radical questions are difficult and not everyone welcomes them lightly, so even his music is not for everyone. It follows that his compositions are the opposite of music that consoles, distracts, accompanies, comforts, warms, comments, but they are sound that leaves one suspended, hanging, uncertain, surprised, in the face of the incomprehensible as a fertile place par excellence: creativity does not inhabit certainties, but doubts. Immersing oneself in Ligeti's music is not like taking a dip in a swimming pool, but more like finding oneself gliding in an ominous black sea. The Black Sea or its younger brother the Sea of Azov where now an entire city, Mariupol', finds itself without water and without food and as in an eternal return we are again in Auschwitz or Budapest in 1956, that is, we are in the annihilation of our fellow human beings. We repeat Sarajevo after just 30 years, but multiplying the besieged cities by 10 is this perhaps progress? It is precisely here that Ligeti's suspended and dramatic sound atmospheres inhabit, dear to the great director Stanley Kubrick, because they powerfully refer back to original questions of meaning, to what are existential questions. Mr Pian Piano has dived for you into the black sea of György Ligeti CLICK HERE to discover the greatest compositions of the great Hungarian composer.
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